La Corte di Cassazione, con la sentenza del 7 gennaio 2025 n.197, conferma il proprio recente orientamento in tema di responsabilità per i danni cagionati dalla fauna selvatica (art. 2052 c.c.). Ed invero afferma che: “i danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell’art. 2052 cod. civ., giacché, da un lato, il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale e, dall’altro, le specie selvatiche protette ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema; nella relativa azione risarcitoria la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonché delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte da altri enti (così, sulle orme di Cass. 20/04/2020, n. 7969, cfr., ex plurimis, Cass. 29/04/2020, nn. 8384-8385; Cass. 22/06/2020, n. 12113; Cass. 06/07/2020, n. 13848; Cass. 02/10/2020, n. 20997; Cass. 09/02/2021, n. 3023; Cass. 23/05/2022, n. 16550)“;
In tema di responsabilità per danni derivanti dall’urto tra un autoveicolo ed un animale: “la presunzione di responsabilità a carico del conducente (ex art. 2054 c.c.) concorre con la presunzione di colpa a carico del proprietario dell’animale, ma non prevale su questa, sicché, se uno dei soggetti interessati supera la presunzione posta a suo carico, la responsabilità grava sull’altro; se, invece, entrambi vincono la presunzione di colpa, ciascuno va esente da responsabilità; se nessuno dei due raggiunge la prova liberatoria, la responsabilità grava su ognuno in pari misura (da ultimo: Cass. ord. 10/11/2023, n. 31335; Cass. 20/04/2020, n. 7969, punto 6.1 delle ragioni della decisione);
Sulla scorta di tali regulae iuris, evidenti sono per la Corte di Cassazione gli errori commessi dal giudice territoriale, nella parte in cui: a) ha escluso l’esaminabilità (pur comunque in concreto poi operata) della domanda risarcitoria sub specie di art. 2052 cod. civ.; b) ha individuato il titolo di responsabilità ascrivibile alla Regione nella inosservanza del generale canone del neminem laedere di cui all’art. 2043 cod. civ.; c) ha negato la responsabilità della Regione riguardata nel prisma del criterio contemplato dall’art. 2052 cod. civ..
Ed invero si rileva che: “il giudice territoriale ha centrato la propria attenzione sulla condotta serbata dal conducente del veicolo danneggiato, in sostanza indagando (in specie, sulla scorta della presunta velocità di marcia al momento dell’impatto) sulla colpa dello stesso nella produzione dell’occorso; così ragionando, tuttavia, la sentenza gravata ha inopinatamente gravato il soggetto danneggiato dell’onere di provare la diligenza del conducente il sinistro per conseguire il risarcimento; per contro, il giudice territoriale avrebbe dovuto verificare i presupposti di operatività della responsabilità ex art. 2052 cod. civ.: in primo luogo riscontrare, sulla scorta dell’andamento del sinistro acclarato in base agli elementi istruttori acquisiti, pur sempre univoci nella prospettazione di un impatto tra l’animale e il veicolo, l’esistenza di un nesso di derivazione causale tra la condotta dell’animale (appartenente ad una delle specie oggetto di tutela ex lege n. 157 del 1992) e l’evento lesivo in rapporto a quella di guida del conducente del veicolo e soltanto dopo (ed in caso di esito positivo) accertare, ai fini dell’operare della concorrente presunzione sancita dall’art. 2054, primo comma, cod. civ., se il conducente del veicolo danneggiato avesse fatto tutto il possibile per evitare il danno“