L’amministrazione penitenziaria convenuta, nel difendersi dall’accusa dalla censura di trattamenti inumani e degradanti, aveva sottolineato, nel grado di appello, che che per tutto il periodo il detenuto ha usufruito di uno spazio individuale superiore ai 3 mq. La presenza di finestre consentiva un idoneo ricambio di aria e passaggio di luce. Adeguata anche l’illuminazione artificiale. Inoltre, il bagno separato dalla cella consentiva il rispetto della privacy. Gli ambienti sono stati regolarmente riscaldati, nella cella è presente un termosifone con un potere calorifero funzionale al volume della camera. In riferimento alle ore d’aria, l’Amministrazione ha riferito che il detenuto ha avuto la possibilità di accedere agli spazi aperti e/o chiusi denominati “passaggi”, ed ha potuto beneficiare della c.d. socialità per periodi ampi fruendo di ampi lassi temporali quotidiani fuori dalla cella e di socialità con gli altri detenuti…
La Corte di Cassazione, con la sentenza del 13 novembre 2024 n.29299, ha rilevato che:
“quanto allo spazio individuale a disposizione, l’affermazione che lo stesso, secondo quanto “sottolineato” dall’amministrazione, fosse superiore ai 3 mq, risulta apodittica in mancanza di alcuna considerazione – che le ragioni del ricorso rendevano invece necessaria – circa il numero, la qualità del mobilio presente e lo spazio da esso occupato“;
“va rammentato in proposito che, secondo costante indirizzo di questa Corte, dal quale non vi è motivo di discostarsi, lo Stato incorre nella violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, stabilito dall’art. 3 della CEDU, così come interpretato dalla conforme giurisprudenza della Corte Edu (con sentenza dell’8 gennaio 2013, Torreggiani c. Italia), quando il detenuto in una cella collettiva non possa disporre singolarmente di almeno 3 mq. di superficie, detraendo l’area destinata ai servizi igienici e agli armadi, appoggiati o infissi stabilmente alle pareti o al suolo, mentre non rilevano gli altri arredi facilmente amovibili come sgabelli o tavolini (v. ex aliis Cass. 02/07/2018, n. 17277; 18/06/2018, n. 15923; 24/05/2018, n. 12955; 20/02/2018, n. 4096);
è stato anche rimarcato che dal calcolo della superficie va espunto lo spazio del letto sia “a castello” che singolo, essendo in entrambi i casi compromesso il “movimento” del detenuto nella cella: infatti, se è vero che lo spazio occupato dal primo è usufruibile per il riposo e l’attività sedentaria, è anche vero che tali funzioni organiche vitali sono fisiologicamente diverse dal “movimento”, il quale postula, per il suo naturale esplicarsi, uno spazio ordinariamente “libero” (Cass. Sez. U. pen. 24/09/2020, n. 6551; Cass. pen. 14/03/2017, n. 12338; v., conformi fra le tante in ordine ai letti, Cass. 21/01/2020, n. 1170; 10/10/2019, n. 25408; 26/06/2019, n. 17048; 25/06/2019, n. 16896; 15/02/2019, n. 4561; 20/02/2018, n. 4096);
qualora la superficie utilizzabile sia inferiore ai 3 mq., sussiste la “forte presunzione” della violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, tuttavia vincibile, alla luce della giurisprudenza della Corte Edu (sentenza del 20 ottobre 2016, Grande Camera, Mursic c. Croazia, par. 135), attraverso la valutazione dell’esistenza di adeguati fattori compensativi che si individuano nella brevità della restrizione carceraria, nell’offerta di attività da svolgere in spazi ampi all’esterno della cella, nell’assenza di aspetti negativi relativi ai servizi igienici e nel decoro complessivo delle condizioni di detenzione (Cass. pen. 13/03/2017, n. 11980; Cass. pen. 13/12/2016, n. 52819);
l’onere di dimostrare la sussistenza di tali fattori nel caso concreto grava sullo Stato convenuto in giudizio, una volta accertato che lo spazio individuale sia stato inferiore ai 3 mq;
nel caso di specie, dalla motivazione del provvedimento impugnato non è dato evincere se e quali dati in proposito il giudice abbia attenzionato e posto a base del proprio convincimento, in ciò dovendosi ravvisare il denunciato vizio di motivazione apparente“
In accoglimento del ricorso, il provvedimento impugnato è cassato con l’avvertenza che il giudice del rinvio, qualora in esito al rinnovo del calcolo (decurtando la superficie del vano-bagno e delle aree occupate dai letti e dagli arredi fissi) fosse accertato uno spazio minimo inferiore a quello vitale, sarà tenuto a rivalutare il complesso delle caratteristiche dei locali di detenzione e delle condizioni ambientali di vita carceraria, al tempo, specificando se le stesse debbano o meno ritenersi idonee – avuto riguardo al numero di occupanti la cella, alla durata del periodo di detenzione – ad integrare “misure compensative” sufficienti a garantire, comunque, un trattamento dignitoso del detenuto.