La Corte di Cassazione, tornando a discutere del danno da perdita di chance, ha in realtà l’obiettivo principale di continuare a rifiutare l’idea della risarcibilità del danno tanatologico. E’ infatti evidente che nel caso particolare in cui la la vittima sia già deceduta al momento dell’introduzione del giudizio, operata quindi da parte degli eredi, il danno della perdita di una probabilità di sopravvivenza del paziente, comunque già entrato nel patrimonio dello stesso (ed esercitabile a tale titolo dallo stesso paziente se fosse rimasto in vita), non può essere trasmesso agli eredi, trasformandosi nel danno che tale perdita determina nella vita dei congiunti medesimi.
La Corte infatti afferma, nella sentenza del 4 febbraio 2025 n.2641: “non è concepibile, né logicamente né giuridicamente, un “danno da perdita anticipata della vita” trasmissibile iure successionis…, non essendo predicabile, nell’attuale sistema della responsabilità civile, la risarcibilità del danno tanatologico, mentre è possibile, dunque, discorrere (risarcendolo) di “danno da perdita anticipata della vita”, con riferimento al diritto iure proprio degli eredi, solo definendolo il pregiudizio da minor tempo vissuto ovvero da valore biologico relazionale residuo di cui non si è fruito, correlato al periodo di tempo effettivamente vissuto“
Nell’ipotesi dunque di un paziente che, al momento dell’introduzione della lite, sia già deceduto, sono, di regola, alternativamente concepibili e risarcibili a titolo ereditario, se allegati e provati, i danni conseguenti
a) “alla condotta del medico che abbia causato la perdita anticipata della vita del paziente (determinata nell’an e nel quantum), come danno biologico differenziale (peggiore qualità della vita effettivamente vissuta), considerato nella sua oggettività, e come danno morale da lucida consapevolezza della anticipazione della propria morte, eventualmente predicabile soltanto a far data dall’altrettanto eventuale acquisizione di tale consapevolezza in vita;
b) “alla condotta del medico che abbia causato la perdita della possibilità di vivere più a lungo (non determinata né nell’an né nel quantum), come danno da perdita di chances di sopravvivenza; in nessun caso sarà risarcibile iure successionis, e tanto meno cumulabile con i pregiudizi di cui sopra, un danno da “perdita anticipata della vita” con riferimento al periodo di vita non vissuta dal paziente’ (Cass., n. 21415 del 2023, cit., e succ. conf.)“