La Corte di Appello di Trieste mandava esente da responsabilità il legale rappresentante di una discoteca per le lesioni inflitte in un alterco violento, all’esterno della stessa, da parte di un suo addetto alla sicurezza, non ritenendo che l’episodio fosse avvenuto nell’ambito di svolgimento della medesima mansione.
La Corte di Cassazione (sentenza del 5 febbraio 2025 n. 2851) evidenziando l’errore di sussunzione in cui è incorsa la Corte d’Appello, con conseguente falsa applicazione dell’art. 2049 cod. civ., ritiene necessario operare una ricognizione dei presupposti della figura di responsabilità speciale contemplata da questa disposizione.
“Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la responsabilità dei preponenti per i fatti illeciti commessi dai loro preposti – che ha natura di responsabilità oggettiva per fatto altrui o indiretta (da ultimo, Cass. 11/11/2024, n. 28988) e che trova fondamento nell’esigenza che chi dispone dell’attività lavorativa altrui per i propri fini assuma le conseguenze dannose di tale attività – richiede la compresenza di tre condizioni, consistenti a) nel rapporto di preposizione, b) nel fatto illecito posto in essere dal preposto e c) nella connessione tra le incombenze di quest’ultimo e il danno subito dal terzo.
a) Il rapporto di preposizione trova la sua ipotesi tipica e principale nel lavoro subordinato ma ricorre, anche al di fuori di tale rapporto, in tutti i casi in cui un soggetto (preponente) dispone dell’attività di un altro soggetto (preposto) per i propri fini (ex aliis, Cass. 12/10/2018, n. 25373; Cass. 14/02/2019, n. 4298; Cass. 15/06/2016, n. 12283).
b) Il fatto posto in essere dal preposto deve essere illecito sia sotto il profilo oggettivo che sotto il profilo soggettivo (da ultimo, Cass. 14/11/2024, n. 29448; in precedenza cfr., ex aliis, Cass. 04/03/2005, n. 4742). In particolare, sotto il profilo soggettivo, l’illecito del preposto può essere sia doloso che colposo, ma deve trattarsi di fatto che cagioni un danno a terzi, non essendo invocabile l’art. 2049 cod. civ. per far valere la responsabilità del preponente in ordine al danno che il preposto abbia cagionato al preponente medesimo o a sé stesso (Cass. 22/03/2011, n. 6528).
c) La connessione tra le incombenze e il danno richiede un nesso di “occasionalità necessaria”. Per la sussistenza di questo nesso non è necessario che il fatto dannoso derivi dall’esercizio delle incombenze ma è sufficiente che tale esercizio esponga il terzo all’ingerenza dannosa del preposto. Se si verifica questa evenienza il preponente risponde del danno cagionato al terzo anche se il preposto abbia abusato della sua posizione, andando oltre l’incarico ricevuto od espletato, contravvenendo alle istruzioni ricevute o alle modalità di svolgimento concordate, o abbia agito per finalità diverse da quelle per le quali le incombenze gli erano state affidate, perseguendo obiettivi egoistici di carattere illecito e persino delittuoso (da ultimo, Cass. 11/11/2024, n. 28952). Al riguardo, questa Corte ha ripetutamente affermato che il rapporto di occasionalità necessaria sussiste nella misura in cui le funzioni esercitate abbiano determinato, agevolato o comunque reso possibile la realizzazione del fatto lesivo, nel qual caso è irrilevante che il preposto abbia superato i limiti delle mansioni affidategli, od abbia agito con dolo e per finalità strettamente personali, a condizione che la sua condotta abbia costituito il non imprevedibile sviluppo dello scorretto esercizio delle mansioni (tra le altre, Cass. 22/08/2007, n. 17836; Cass. 25/03/2013, n. 7403; Cass. 24/09/2015, n. 18860; Cass. 09/06/2016, n. 11816; Cass. 14/11/2023, n. 31675).
Alla luce di ciò appare evidente l’errore in cui è incorsa la Corte d’Appello nel momento in cui: “, pur avendo accertato (in quanto fatti incontroversi) sia il rapporto di preposizione sia il carattere illecito del fatto lesivo ha tuttavia reputato insussistente la responsabilità della società preponente per mancanza del nesso di occasionalità necessaria, inesattamente ritenendo che lo stesso fosse escluso dalla circostanza che la condotta illecita era stata posta in essere al di fuori del locale in cui il danneggiante esercitava le incombenze di addetto alla sicurezza affidategli, dopo un apprezzabile intervallo temporale dal momento in cui la vittima ne era uscita ed al fine, non già di assicurare la sicurezza all’interno dello stesso locale, bensì di perseguire una finalità illecita meramente personale. In tal modo, infatti, il giudice del merito ha omesso di considerare il dato decisivo che proprio l’esercizio delle incombenze che formavano oggetto del rapporto di preposizione aveva esposto la vittima all’ingerenza dannosa del preposto, rendendo possibile la commissione del fatto lesivo, il quale, benché esorbitante dall’incarico ricevuto e rispondente ad una finalità personale in contrasto con quella perseguita dalla società preponente, aveva nondimeno costituito lo sviluppo non imprevedibile – ancorché illecito e persino delittuoso – dello scorretto esercizio delle mansioni di addetto alla sicurezza“.
In proposito la Corte precisa che: “la condizione per cui, ai fini della sussistenza del nesso di occasionalità necessaria, la condotta del preposto deve costituire il “normale sviluppo” dell’esercizio delle mansioni assegnate dal preponente, esige che, sotto il profilo fenomenologico, la condotta del preposto rimanga nei confini della non imprevedibile evoluzione di “sequenze ed eventi connessi all’ordinario espletamento” delle incombenze attribuite (così, in termini, Cass. n. 11816 del 2016, cit.), ma non esclude la degenerazione o l’eccesso nell’esercizio delle mansioni, determinati dall’abuso della posizione ricoperta o dalla contravvenzione alle modalità del loro svolgimento o ai compiti assegnati o, ancora, dalla violazione delle regole stabilite o delle istruzioni ricevute; circostanze che, se, da un lato, evidenziano l’indebita sostituzione delle finalità perseguite dal preponente con obiettivi egoistici di carattere illecito e persino delittuoso, dall’altro lato non tolgono al detto esercizio il carattere di occasione necessaria del danno cagionato al terzo dal preposto“.