La Corte di Appello di Bologna (non nuova a simili “originali” prese di posizioni) rigettava la domanda di risarcimento avanzata dalla figlia per la morte del padre “in difetto di specifica allegazione del concreto atteggiarsi della relazione affettiva con il padre” che -a suo parere- sarebbe stato necessario presentare nella “relazione tra genitori e figli quando sia cessata la convivenza“.
La decisione veniva impugnata davanti alla Corte di Cassazione per violazione ed erronea interpretazione degli articoli 1223 e 2059 c.c., nonché violazione “dei precetti costituzionali dedicati alla famiglia“, ex articoli 29,30 e 31 Cost.; osservandosi che, come pure affermato dalla sentenza n. 25774 del 14 ottobre 2019, per i membri della c.d. famiglia nucleare la perdita può essere sempre presunta, salva la prova contraria di controparte, e ciò “solo in base alla loro appartenenza al medesimo nucleo familiare minimo“. BVeniva richiamata pure la sentenza n. 3767 del 15 febbraio 2018 per cui “l’uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli od ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del “quantum debeatur”)“, essendo in tali casi “onere del convenuto provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo“, oltre a quella più recente n. 5452 del 28 febbraio 2020 nella quale si sostiene che la cessazione della convivenza non significa “porre fine al forte, peculiare e duraturo legame affettivo” dei figli verso i genitori, per cui non sussisterebbe nel caso in esame l’asserita carenza probatoria affermata dalla Corte territoriale, che ha dato una sentenza “del tutto priva di motivazione“;
La Corte di Cassazione (sentenza del 16 febbraio 2025 n.39042) ritiene il motivo del ricorso manifestamente fondato, ed invero: “le sue argomentazioni hanno correttamente smontato le singolari ragioni che il giudice d’appello ha posto alla base del diniego risarcitorio, del tutto difformi dalla giurisprudenza ormai consolidata; oltre a quella invocata dalle ricorrenti, da intendersi come qui richiamata, non si può omettere di ricordare l’ancor più prossima Cass. sez.3, 15 luglio 2022 n. 22397: “L’uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli o ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del “quantum debeatur”): in tal caso, la cessazione della convivenza non significa “porre fine al forte, peculiare e duraturo legame affettivo” dei figli verso i genitori” (cfr. pure Cass. sez. 3, 30 agosto 2022 n. 25541 e Cass. sez. 3, ord. 4 marzo 2024 n. 5769)” (https://studiolegalepalisi.com/2024/09/24/la-morte-del-padre-il-tribunale-di-rovigo-nel-solco-del-presuntivo-riconoscimento-della-lesione-al-vincolo-parentale/).
La sentenza quindi viene cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio alla Corte di appello di Bologna, in diversa composizione.