La Corte di Cassazione, con la sentenza del 6 febbraio 2025 n. 2970, ha la possibilità di rappresentare il rigore che il ragionamento presuntivo necessita per assurgere a vero elemento di prova.
Il Tribunale di merito aveva dedotto che il trasportato sapesse (o avrebbe dovuto sapere) della non omologazione del motociclo, presumendolo dalla vetustà del veicolo e dal fatto che la moto aveva una targa a cinque cifre, segno che era stata immatricolata prima del 1999 e da cui era ulteriormente da indursi che quindi era omologata per il trasporto di una sola persona.. Il ricorrente obietta come il ragionamento presuntivo, fosse stato svolto sulla base di un errato procedimento logico che vede una presunzione di primo grado: dalla targa si deduce la vetustà del veicolo, ossia la sua omologazione anteriore al 1999, ed una di secondo, per cui dalla vetustà si deduce la mancanza di omologazione. Ma tutto ciò senza riferimento alcuno ai criteri di gravità, precisione e concordanza, anzi, in violazione di essi.
La Corte ritiene fondato il ricorso rilevando la violazione delle norme (art. 2727 e 2729 c.c.) che regolano il procedimento presuntivo, censura che invece è dunque, in quanto tale, ammissibile.
Ed invero afferma che: “qui non si tratta della presunzione di conoscenza di una norma di legge, o di una norma tecnica regolamentare: la conoscibilità di una norma è presunta, per via della sua pubblicazione. Non si è discusso nei giudizi di merito del se il trasportato sapesse in generale che determinati motoveicoli sono omologati solo per un passeggero, ossia se conoscesse l’esistenza di una norma che impone tale limite. Piuttosto si è discusso se potesse o dovesse sapere che quel motoveicolo era omologato solo per una persona: dunque non presunzione di conoscenza di una legge, ma di un fatto. Come è noto, la presunzione di conoscenza di una legge è un effetto legale, non discende dall’uso del ragionamento presuntivo, come invece accade per la presunzione di conoscenza di un fatto. La conoscenza della legge si presume per legge, quella del fatto sulla base dei fatti (da quelli noti di risale a quelli ignoti).
Ulteriore precisazione. Il giudizio presuntivo ha il seguente oggetto: il fatto ignoto è se il trasportato potesse conoscere un determinato ulteriore fatto, ossia potesse sapere che quel motoveicolo era omologato solo per un passeggero. Questo fatto ignoto è indotto dai giudici di merito, per ragionamento presuntivo, da alcuni fatti noti: il ricorrente sapeva che il veicolo aveva una targa a cinque cifre, che consentiva di datarne l’immatricolazione a prima del 1999, e sapeva che prima del 1999 i motocicli di quel tipo non erano omologati per due. Dunque, i giudici di merito arrivano al fatto ignoto (sapeva il ricorrente del limite di omologazione?) attraverso quelli che essi ritengono dei fatti noti: sapeva datare l’immatricolazione e sapeva che a quella data l’immatricolazione era rilasciata per il solo conducente. Ergo non doveva salirci come passeggero.
Come si può agevolmente notare, la presunzione non muove in realtà da fatti noti per risalire a fatti ignoti, ma muove da fatti essi stessi ignoti, a loro volta bisognosi di una ulteriore presunzione: si può cioè indurre dal numero di cifre della targa che il veicolo è stato immatricolato prima del 1999, solo sapendo che, dopo il 1999 le targhe sono state imposte con cifre maggiori (sei o altro); e dunque il fatto ignoto, di primo grado, ossia che quel motociclo è stato immatricolato prima del 1999, è indotto non già da un fatto noto, poiché non è noto a tutti che i motocicli con targa a cinque cifre risalgono a prima del 1999, ma da uno a sua volta incerto.
Ossia: deduco che il motociclo è immatricolato per il solo conducente (fatto ignoto) dalla circostanza che esso, avendo cinque cifre di targa, è stato immatricolato prima del 1999. Ma questo fatto, da cui è dedotto il primo, è a sua volta ignoto: chi lo dice che il passeggero dovesse sapere che le targhe a cinque cifre erano anteriori al 1999? Questo fatto (il ricorrente sapeva che le targhe a cinque cifre erano precedenti il 1999) è da dimostrare a sua volta a mezzo presunzioni, ossi attraverso regole di esperienza, che ne diano dimostrazione.
Occorreva dunque in questa prima induzione dimostrare che il fatto era noto, ossia era noto al ricorrente, o era fatto notorio, che la targa a cinque numeri indica una certa data di immatricolazione. In mancanza di tale conoscenza, il fatto che la targa a cinque numeri indichi una certa data di immatricolazione non può dirsi noto. V’è poi una seconda induzione fatta dai giudici: dalla circostanza, nota, ammesso dunque che lo fosse, che il veicolo è stato immatricolato prima del 1999, il passeggero era in grado di indurre che dunque il motociclo era omologato solo per uno e non per due passeggeri. Anche qui non è dimostrata la legge di induzione: in base a cosa avrebbe dovuto presumerlo? Ad una massima di esperienza, alla conoscenza dei regolamenti e delle norme di circolazione?
In conclusione, il fatto ignoto – il passeggero sapeva o avrebbe dovuto sapere del limite di omologazione – è qui indotto da fatti a loro volta ignoti, o di cui non è certa la conoscenza da parte del soggetto agente. Dunque, c’è violazione evidente del ragionamento presuntivo, il quale pretende che il fatto ignoto sia ricavato da fatti noti, ossia da fatti indiziari gravi precisi e concordanti. E che questa induzione avvenga mediante il ricorso a massime di esperienza, a leggi, ad inferenze statistiche, ossia a procedimenti logici, di cui qui non vi è traccia alcuna, che consenta di indurre un fatto noto da uno ignoto.
Questa conclusione non è poi smentita dall’altra ratio decidendi, ossia quella in base alla quale il fatto ignoto era comunque non contestato e dunque era perciò stesso provato. Infatti, come si è detto, il ricorrente ha dimostrato, riportando i passi dei suoi scritti difensivi, di avere invece contestato di sapere del limite di omologazione, e la contestazione risulta specifica ed esplicita (p. 10 – 11 del ricorso). Inoltre, si può dire provato un fatto, per via della sua non contestazione, quando il fatto è noto a colui che non lo contesta (Cass. 12064/ 2023). Ed è ciò che andava in realtà dimostrato. Come si è visto, invece, non vi è prova che il passeggero sapesse dei limiti di utilizzo del motociclo, e dunque non può attribuirsi al suo comportamento processuale il valore di una ammissione o di non contestazione: di quel fatto egli era all’oscuro“.