La prescrizione in ambito civile e la sentenza di patteggiamento

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La Corte di Cassazione (sentenza del 25 febbraio 2025 n.4845) ribadisce che: “ai fini della decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da reato, nei casi previsti dall’art. 2947, terzo comma, secondo periodo, cod. civ., nella nozione di sentenza irrevocabile deve ritenersi compresa anche quella pronunciata a séguito di patteggiamento, rispetto alla quale trova pur sempre attuazione la ratio, propria della disposizione citata, di escludere l’effetto – più favorevole per il danneggiato – dell’applicazione del termine prescrizionale penalistico più ampio, nei casi in cui il procedimento penale non abbia avuto un esito fausto per il danneggiato (Cass., 22/11/2023, n. 32474)”.

Riprendendo testualmente la propria precedente sentenza dd. 21/09/2017 n. 21937, la Corte afferma che: “se la ratio della norma è comunemente individuata nell’esigenza di evitare che un soggetto, condannato in sede penale a causa di un fatto produttivo anche di conseguenze risarcitorie civili, possa sottrarsi all’obbligo di risarcire il danneggiato lucrando il più breve termine imposto dalla norma del codice civile, il secondo periodo del terzo comma dello stesso art. 2947 cod. civ. riconduce ad armonia la disciplina escludendo l’effetto, più favorevole per il danneggiato, dell’applicazione del termine prescrizionale maggiore previsto per il reato nei casi in cui il procedimento penale non ha avuto un esito fausto per il danneggiato medesimo; ne consegue che quest’ultimo potrà fruire, ai fini dell’avvio o della prosecuzione dell’azione civile risarcitoria, del termine prescrizionale più ampio in caso, ovviamente, di condanna di controparte, nonché di estinzione del reato, ma solo per prescrizione, in nessun’altra ipotesi producendosi a favore del danneggiato effetti favorevoli in dipendenza della pendenza prima e della conclusione, poi, del procedimento penale per gli stessi fatti causativi di responsabilità civile; in sostanza, la ratio giustificatrice del maggior termine, pari a quello per il reato, è la conclusione del procedimento penale con un esito almeno in parte favorevole o fausto per il danneggiato, il quale possa quindi invocare un accertamento – anche solo sommario e non idoneo a fondare la condanna, normalmente sotteso anche alla declaratoria di estinzione per prescrizione, la quale appunto non potrebbe adottarsi dinanzi alla manifesta insussistenza di quegli elementi – quale quello sulla sussistenza degli elementi soggettivo e oggettivo del fatto-reato: e, poiché, sia pure con una linea di tendenza in continua evoluzione verso la limitazione della lettera della norma codicistica, la sentenza di c.d. patteggiamento non può ancora in alcun caso equipararsi ad una sentenza di accertamento della penale responsabilità dell’imputato, non può il danneggiato fruire degli effetti favorevoli normalmente riconducibili al primo periodo del terzo comma dell’art. 2947 cod. civ. Questo principio è stato poi ripreso anche, più recentemente, da Cass., 27/02/2024, n. 5212 (v. in specie a pag. 6)“;

Si precisa ulteriormente che: “la prescrizione correlata a quella di diritto penale, qualora superiore, opera eccetto che vi sia un esito del procedimento penale non favorevole al danneggiato, tornandosi in quest’ultimo caso ai (minori) termini di diritto civile, decorrenti, logicamente, dalla pronuncia irrevocabile stessa o dalla estinzione per causa diversa dalla prescrizione quale tipicamente l’amnistia (cfr., da ultimo, per quest’ultimo e specifico profilo, Cass., 13/05/2024, n. 13052, che richiama anche Cass., Sez. U., 5/04/2013, n. 8348, in cui è stato chiarito come l’ancoraggio alla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza dichiarativa della causa di non punibilità sia giustificato riponendo il danneggiato, fino a tale momento, come in ogni altra ipotesi di estinzione del reato, un legittimo affidamento sul permanere dell’effetto interruttivo-sospensivo della prescrizione conseguente all’esercizio dell’azione civile, anche in funzione dell’esigenza di bilanciamento della brevità del termine biennale col diritto fondamentale della vittima del reato all’accesso alla giustizia);

Nello stesso senso, richiamando il medesimo arresto del 2017, si ricorda che: “era stato già poco prima riaffermato, in tema di danni da circolazione stradale, la sentenza emessa ai sensi degli artt. 444 e 445 cod. proc. pen. non può essere equiparata, ai fini dell’art. 2953 cod. civ., a una pronuncia di condanna, idonea ad innalzare a dieci anni il termine prescrizionale più breve previsto dalla legge; essa (sentenza di c.d. patteggiamento), peraltro, va ricondotta alla nozione di sentenza irrevocabile, rilevante, ex art. 2947 cod. civ., ai fini dell’operatività della prescrizione biennale (Cass., 8/11/2023, n. 31157); peraltro, quest’ultimo precedente, in punto di applicazione dell’art. 2953, cod. civ., si rifà a Cass., 7/11/2013, n. 25042, in cui il riferimento nello specifico è (a pag. 8) “alla sentenza di condanna generica emessa a conclusione del giudizio penale; ciò in quanto la pronuncia di condanna generica, pur difettando dell’attitudine all’esecuzione forzata, costituisce una statuizione autonoma contenente l’accertamento dell’obbligo risarcitorio in via strumentale rispetto alla successiva determinazione del quantum (sentenze 19 febbraio 2009, n. 4054, e 18 aprile 2012, n. 6070)”; dunque, in quest’ultima ipotesi, in sistematica coerenza, si farà luogo all’applicazione della norma codicistica civile appena sopra richiamata (art. 2953, cod. civ.); il tema qui scrutinato non coinvolge direttamente quello, distinto ma connesso, concernente la necessità o meno di costituzione di parte civile, per fruire della decorrenza prevista dalla “sentenza irrevocabile”, di cui al secondo periodo del terzo comma dell’art. 2947, cod. civ.; al riguardo, sulla scia delle sopra ricordate Sezioni Unite n. 8348 del 2013, e superando diverse affermazioni di Cass., 14/05/1998, n. 4867 e Cass., 14/07/2009, n. 16391, si è affermato che, in mancanza di opposti dettati legislativi, “alla pendenza del processo penale, il cui inizio è rimesso all’autorità penale, non può dunque essere attribuito l’effetto di evitare che il danneggiato (vittima del reato) debba esercitare il diritto nel termine iniziato a decorrere dal fatto (percepito) e, dunque, debba interrompere il corso della prescrizione. Detta pendenza, invero, non rende il diritto immune dalla prescrizione. Ferma restando la necessità dell’interruzione della prescrizione ai fini civilistici, va peraltro precisato che essa può avvenire anche con modalità diverse dalla costituzione di parte civile nel procedimento penale, essendo sufficiente qualunque atto idoneo a manifestare la volontà di far valere il diritto, e – quindi – anche una richiesta stragiudiziale che valga a costituire in mora il debitore; in ogni caso, quale che sia la modalità con cui la pretesa risarcitoria venga fatta valere, essa deve intervenire entro il termine prescrizionale stabilito per il reato” (Cass., 6/04/2022, n. 11190, pag. 10); questo orientamento dissente, perciò, dalla ricostruzione dottrinale secondo cui il danneggiato, legittimato alla costituzione di parte civile, può far affidamento sulla pendenza del processo penale a prescindere dalla sua scelta di agire in quello ai fini risarcitori, e, quindi, può contare sulla decorrenza del termine prescrizionale dalla “sentenza irrevocabile”; ed esso è inoltre difforme anche dal principio sposato da Cass., 26/07/2019, n. 20363, in cui è stato ribadito che “la possibilità di posticipazione del termine di decorrenza ivi prevista al momento del passaggio in giudicato della sentenza presuppone la necessaria identità della posizione di danneggiato con quella di parte lesa della condotta criminosa, ancorché non sia richiesta la costituzione di parte civile nel giudizio penale”; peraltro, qualora si ritenesse la necessità di costituzione di parte civile ai fini in parola, la soluzione ermeneutica prima ricostruita, per cui solo un esito infausto del procedimento penale per il danneggiato può giustificare sistematicamente il ritorno al minor termine prescrizionale, ne risulterebbe ulteriormente rafforzata, atteso che l’opposta conclusione finirebbe per acuire le contraddizioni nell’ipotesi di condanna pronunciata all’esito di un procedimento senza costituzione parte civile del danneggiato che, sia pure per tale sua mancata iniziativa, si troverebbe a fronteggiare un termine prescrizionale più breve, senza alcun effetto interruttivo permanente da connettere al processo penale, pur essendovi stata conferma della sussistenza e riferibilità del reato e nonostante che, se non fosse stato promosso alcun procedimento penale, avrebbe invece potuto fruire, previo accertamento incidentale del giudice civile, del lasso temporale più ampio“.

La Corte in conclusione enuncia l seguente principio di diritto: “ai fini dell’esclusione del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno più ampio, previsto per il reato, nei casi stabiliti dall’art. 2947, terzo comma, secondo periodo, cod. civ., e in particolare nella nozione di sentenza irrevocabile, devono ritenersi ricomprese le ipotesi in cui il procedimento penale per gli stessi fatti causativi di responsabilità civile non abbia avuto un esito fausto per il danneggiato“.

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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