La Corte di Cassazione (con la sentenza del 22 febbraio 2025 n. 4680) ribadisce che: “la liquidazione del danno biologico cd. differenziale – rilevante qualora l’evento risulti riconducibile alla concomitanza di una causa naturale e di una condotta umana, ovvero quando vi sia un’eziologia tale che i postumi della causa iatrogena siano aggravati dalla menomazione preesistente alla responsabilità del sanitario oppure quando la presenza della prima tipologia di postumi incida negativamente su quelli derivanti da errore medico aggravando la situazione del soggetto leso – va effettuata, quanto al pregiudizio risarcibile, in base ai criteri della causalità giuridica, ex art. 1223 cod. civ., sottraendo, in termini di range risarcibile, dalla percentuale complessiva del danno interamente ascritta all’agente sul piano della causalità materiale, la percentuale di danno non imputabile all’errore medico, poiché, stante la progressione geometrica e non aritmetica del punto tabellare di invalidità, il risultato di tale operazione risulterà inevitabilmente superiore a quello relativo allo stesso valore percentuale ove calcolato dal punto 0 al punto d’invalidità aritmeticamente corrispondente alla sottrazione, come accadrebbe in caso di frazionamento della causalità materiale (Cass., 19/09/2023, n. 26851, specie par. 6.1.1., in coerenza: con Cass., 11/11/2019, n. 28986, quanto al criterio di liquidazione del danno c.d. differenziale, e con Cass., 21/07/2011, n. 15991, seguita tra le altre da Cass., 23/02/2023, n. 5632, e Cass., 12/05/2023, n. 13037, quanto al rapporto tra causa umana e causa naturale; cfr. infine, di recente, Cass., 30/07/2024, n. 21261);
La Corte precisa però correttamente che: ” qualora, dunque, la produzione di un evento dannoso risulti riconducibile alla concomitanza di una condotta umana e di una causa naturale, tale ultima dovendosi ritenere lo stato patologico non riferibile alla prima, l’autore del fatto illecito risponde in toto, in base ai criteri di equivalenza della causalità materiale, dell’evento di danno eziologicamente riconducibile alla sua condotta, a nulla rilevando l’eventuale efficienza concausale anche dei suddetti eventi naturali, che possono invece importare, sul piano della causalità giuridica, ex art. 1223 cod. civ., ai fini della liquidazione, in chiave complessivamente equitativa, dei pregiudizi conseguenti, ascrivendo all’autore della condotta un obbligo risarcitorio che non comprenda anche le conseguenze dannose da rapportare, invece, all’autonoma ovvero pregressa situazione patologica del danneggiato, non eziologicamente riferibile, cioè, a negligenza, imprudenza o imperizia del sanitario; la conclusione non muta quando la patologia pregressa si manifesta progressivamente, poiché l’invalidità complessiva che ne deriva non sarebbe mai stata tale se non con la concorrenza di quella riferibile alla condotta colposamente causale, questa essendo la conseguenza, coerente con le premesse sistematiche sopra richiamate, della distinzione tra evento di danno e conclusivo danno-conseguenza, al quale ultimo rapportare il quantum risarcitorio“.
Nello specifico caso posto all’attenzione della Corte l’invalidità da considerare, per come accertata in fatto dal Collegio di merito in base alle risultanze peritali, era del 42%, ma quella imputabile alla condotta dei medici era dell’8%; il danno avrebbe quindi dovuto ritenersi, in sede di liquidazione, della misura dell’8% ma nel range compreso tra il 36% (42-8), riferibile, per esclusione, a cause diverse dalla condotta medica, e il 42% stesso: ciò che, come spiegato, non corrisponde al danno da liquidarsi nella misura dell’8% quale compreso nel range da 0 a 8.