La Corte di Cassazione (con la sentenza del 4 marzo 2025 n. 5703) rimarca nuovamente la differenza, in ordine alla natura patrimoniale e non patrimoniale, delle differenti voci di perdita della capacità lavorativa specifica e della lesione della cenestesi lavorativa. Ed invero, richiamando la costante giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 20312/2015, n. 12572/2018; nonché nn. 17411 n. 17931/2029) afferma che: “il danno di natura patrimoniale derivante dalla perdita di capacità lavorativa specifica richiede un giudizio prognostico sulla compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della persona, mentre il danno da lesione della cenestesi lavorativa, di natura non patrimoniale, consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell’attività lavorativa, non incidente, neanche sotto il profilo delle opportunità, sul reddito della persona offesa, risolvendosi in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo. Tale tipologia di danno, configurabile solo ove non si superi la soglia del 30 per cento del danno biologico, va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto“.
Nel caso in esame, il giudice di primo grado aveva ritenuto accertato, sulla base della espletata c.t.u., la presenza di postumi sulla capacità lavorativa specifica del danneggiato pari al 60%. E la corte territoriale ha ritenuto “congrua e fondata, sia pure in via presuntiva, su dati di fatto documentati” la liquidazione del danno patrimoniale, sotto forma di lucro cessante, operata dal giudice di primo grado. Ciò in quanto ha ritenuto provato che: a) il danneggiato aveva costituito una impresa di ristorazione nel corso del 2007 ed aveva continuato a svolgere l’attività di ristorazione in L’Aquila nel marzo 2008; b) detta attività era cessata a causa del sisma (occorso, come noto, nell’aprile 2009, cioè circa tre mesi prima del sinistro). In altri termini ha corte ha implicitamente ritenuto provato che, al momento del sinistro (occorso, si ribadisce, il 17 luglio 2009) la condizione di disoccupato del danneggiato fosse soltanto temporanea e dipendente da causa esterna; e che il medesimo, una volta ripristinata l’agibilità dell’immobile, avrebbe ripreso la sua attività di ristorazione, se non fossero intervenute le riscontrate lesioni.