La Corte di Cassazione (sentenza del 31 marzo 2025 n. 8475) torna ad affermare l’autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, spiegando anche il motivo (poggiato sulla presunzione e sulla nozione della comune esperienza) per il quale, ai fini della quantificazione del primo, il secondo costituisce un punto di riferimento importante (come peraltro confermato anche dalla modalità liquidativa prevista dalla tabella di Milano e dalla TUN).
Si afferma infatti che “il danno morale discende presuntivamente dalla lesione della salute, essendo un’ordinaria componente, oltre a quella fisica e come tale relazionale, del danno biologico tabellarmente liquidato, salva specifica allegazione di parte, e relativa prova, diretta a valorizzarlo in misura eccezionalmente ulteriore; la giurisprudenza di legittimità ha perciò confermato la correttezza della modalità di liquidazione del danno morale attraverso il riferimento all’entità del danno biologico al quale la sofferenza interiore patita dal danneggiato è correlata, senza che tale osservazione valga a incidere o, comunque, a compromettere la strutturale distinzione tra le due specifiche categorie di danno (cfr., ad esempio, di recente, Cass., 24/07/2024, n. 20661); com’è stato sottolineato, “alla base del parametro standard di valutazione che è alla base del sistema delle tabelle per la liquidazione del danno alla salute, altro non v’è se non un ragionamento presuntivo fondato sulla massima di esperienza per la quale ad un certo tipo di lesione corrispondono, secondo l’id quod plerumque accidit, determinate menomazioni dinamico-relazionali, per così dire, ordinarie; così, allo stesso modo, un attendibile criterio logico-presuntivo funzionale all’accertamento del danno morale quale autonoma componente del danno alla salute…è quello della corrispondenza, su di una base di proporzionalità diretta, della gravità della lesione rispetto all’insorgere di una sofferenza soggettiva: tanto più grave, difatti, sarà la lesione della salute, tanto più il ragionamento inferenziale consentirà di presumere l’esistenza di un correlato danno morale inteso quale sofferenza interiore, morfologicamente diversa dall’aspetto dinamico relazionale conseguente alla lesione stessa (cfr. Sez. 3, sentenza n. 25164, del 10/11/2020.)” (Cass., n. 20661 del 2024, cit., pag. 7)“