La Corte di Cassazione, con la sentenza del 7 aprile 2025 n. 9103, rileva l’inconsistenza delle censure relative alla liquidazione del danno da lesione del rapporto parentale in favore del coniuge e dei figli del danneggiato (affetto da sintomatologia neurologica invalidante, con paraparesi agli arti inferiori associata a vescica neurologica e grave limitazione della capacità di deambulazione) alla luce del principio – di cui la Corte territoriale ha fatto buon governo – secondo il quale: “spetta alla vittima dell’illecito allegare e, quindi, provare i fatti costitutivi della propria pretesa e, dunque, l’esistenza del pregiudizio subito onere di prova che potrà essere soddisfatto anche ricorrendo a presunzioni semplici e massime di comune esperienza (Cass., S.U., n. 26792/2008), in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta illecita (Cass. n. 23300/2024). La Corte territoriale, ritenute provate le allegazioni delle parti – rapporto di coniugio in atto, convivenza della figlia e prole del figlio del paziente (cfr. sintesi al par. 2 dei “Fatti di causa” e pp. 18/22 della sentenza di appello) – ha fatto ricorso alla prova presuntiva, mentre le critiche della ASST Lodi sono orientate, inammissibilmente, ad infirmarne la plausibilità“

Il danno biologico, conseguente ad una micropermanente, si quantifica con la tabella ministeriale prevista dall’art. 139 C.d.A.
Il ricorrente adiva la Corte di Cassazione lamentandosi della mancata applicazione, da parte del giudice