La Corte di Cassazione, con la sentenza dell’11 aprile 2025 n. 9488, rileva un evidente errore di impostazione qualificatoria, in punto di riparto degli oneri probatori, da parte del Giudice di merito che ha ritenuto quale motivo di rigetto della domanda risarcitoria la mancata prova, da parte dell’attore/appellante, della storicità o della dinamica del sinistro. Ed invero considera la decisione impugnata errata in diritto, poiché: “postula che tale onere ricadesse a carico dell’attore, omettendo di considerare l’inversione del relativo riparto scaturente, per legge, dalla sottoscrizione, di cui pure in sentenza si dà atto, di un modulo di constatazione amichevole dell’incidente; occorre rammentare al riguardo che l’art. 143, comma 2, D.Lgs. n. 209 del 2005 è chiaro nell’affermare che la C.A.I. sottoscritta da entrambi i conducenti determina la presunzione, salvo prova contraria da parte dell’impresa di assicurazione, che il sinistro si sia svolto con le modalità e le conseguenze indicate su quel modulo (ma già altrettanto era previsto dall’art. 5, secondo comma, D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1977, n. 39); tale presunzione è finalizzata, chiaramente, ad un intento deflattivo del contenzioso, avendo lo scopo di garantire entrambi i conducenti del fatto che il riconoscimento concorde delle colpe non venga messo in discussione dagli assicuratori ribaltando l’onere della prova a carico del danneggiato“.
Il Collegio rileva che: “è certamente vero che la previsione di una presunzione fino a prova contraria non esclude che la società di assicurazioni possa superarla fornendo, appunto, tale prova, ma è evidente che con ciò l’onere della stessa viene posto a carico dell’assicuratore e non è dunque il danneggiato a dover fornire la prova della storicità e della dinamica del sinistro, come invece l’impugnata sentenza ha ritenuto nel caso in esame (v. in argomento, tra le altre, Cass. 06/12/2017, n. 29146 e, da ultimo, Cass. 03/06/2024, n. 15431); a sostegno della propria decisione, il Tribunale ha richiamato il principio di diritto – che risale, com’è noto, a Cass. Sez. U. 05/05/2006, n. 10311 – secondo cui la dichiarazione confessoria contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto C.I.D.), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2733, terzo comma, cod. civ., secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l’appunto, liberamente apprezzata dal giudice; la citata pronuncia delle Sezioni Unite, più volte ribadita in seguito, fu determinata, in realtà, dalla necessità di risolvere una serie di problemi diversi da quello oggi in esame, tra cui il fatto che, all’epoca, una parte della giurisprudenza di merito era orientata – in presenza di una prova contraria resa dalla società assicuratrice rispetto a quanto risultava dal modello CID – a condannare al risarcimento il solo danneggiante e non l’assicuratore; ciò spiega l’accento posto dalle Sezioni Unite, in più passaggi della motivazione, all’unicità del rapporto dedotto in giudizio e alla necessità di un accertamento il quale “non può che essere unico e uniforme per tutti e tre i soggetti coinvolti nel processo, non potendosi nel medesimo giudizio affermare, con riferimento alla domanda proposta dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore, che il rapporto assicurativo e la responsabilità dell’assicurato esistano nel rapporto tra due delle parti e non per l’altra, e ciò non soltanto in base al principio di non contraddizione, ma soprattutto in base alla struttura dell’azione così come disciplinata dalla L. n. 990 del 1969, artt. 18 e 23, se si ha presente che l’obbligazione dell’assicuratore di pagare direttamente l’indennità al danneggiato, non nasce se non esiste il rapporto assicurativo e se non è accertata la responsabilità dell’assicurato”; l’affermazione sul valore confessorio della C.A.I. come atto liberamente apprezzabile dal giudice in quanto confessione proveniente da un litisconsorte necessario si iscrive, quindi, nel contesto particolare di quella decisione, intesa a chiarire l’impossibilità di un esito decisorio diverso per la domanda rivolta contro l’assicuratore e contro il danneggiante, ma non è in contrasto con le suindicate norme di legge che conferiscono al modello C.A.I., firmato da entrambi i conducenti, il valore di una presunzione iuris tantum che l’assicuratore è ammesso a superare (v., in termini, Cass. n. 15431 del 2024)“.