Costituisce oramai principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui anche in caso di responsabilità contrattuale il regime di distribuzione dell’onere probatorio di cui all’art. 1218 c.c. fa gravare sull’attore la prova del nesso causale fra la condotta dell’obbligato inadempiente e il pregiudizio di cui si chiede il risarcimento e sulla parte che si assume inadempiente (o non esattamente adempiente) l’onere di fornire la prova positiva dell’avvenuto adempimento (o dell’esattezza dello stesso) (Cass. Sez. 6 – 3, n. 8849 del 31/03/2021, Rv. 660991 – 01). In materia di responsabilità professionale che tali principi sono stati affermati dalla nota decisione n. 18392 del 2017 .
La Corte di Cassazione, con la sentenza del 14 aprile 2025 n. 9721, precisa che: “riguardo all’onere della prova (anche) quando è dedotta una responsabilità contrattuale per inesatto adempimento, grava sul danneggiato dimostrare il nesso di causalità, tra evento dannoso e la condotta anche omissiva del contraente. Spetta, invece, a quest’ultimo dimostrare (ma solo dopo la dimostrazione del nesso causale da parte dell’attore) che l’esatta esecuzione della prestazione è divenuta impossibile per una causa imprevedibile e inevitabile. La decisione citata (Cass. Civ. n. 18392/17) descrive il doppio ciclo causale. Il primo, che consiste nella dimostrazione del nesso eziologico ed è a carico dell’attore danneggiato; il secondo, che individua l’onere probatorio a carico del presunto inadempiente, sorge solo se il danneggiato ha dimostrato il nesso causale tra la condotta del convenuto e l’evento dannoso. L’evento di danno è comune ad ogni ipotesi di responsabilità, sia contrattuale che extracontrattuale. Esiste, quindi, un “tronco comune” delle azioni di danno, in cui gli oneri di prova del danneggiato sono uguali. Sia nella responsabilità contrattuale, che in quella extracontrattuale, l’attore deve provare il nesso causale. Principio poi ribadito dalle dieci sentenze del cd “progetto sanità”. In particolare, le due sentenze gemelle, nn. 28991-2 del 2019 ribadiscono il principio che, nel caso di responsabilità contrattuale, il danneggiato deve provare il nesso di causalità tra il danno e la condotta del contraente, anche a mezzo di presunzioni. Sotto tale profilo occorre distinguere il concetto di causalità che è criterio oggettivo, dal concetto di imputazione, che riguarda invece la colpa e che è soggettivo. Infatti, la causalità attiene alla relazione probabilistica, svincolata da ogni riferimento alla prevedibilità soggettiva (cioè alla imputazione), tra condotta del contraente ed evento di danno. Ma la causalità attiene, anche, al rapporto tra evento di danno e conseguenze risarcibili. Mentre non riguarda la colpa e comunque l’elemento soggetto“.
La Corte precisa inoltre che: “il principio secondo cui anche la responsabilità contrattuale richiede la prova del nesso causale costituisce un effetto dell’interpretazione del primo comma dell’articolo 1227 c.c. che disciplina il fenomeno della causalità materiale, rispetto un danno evento, occupandosi del concorso del fatto colposo del creditore. L’art. 1227 c.c, applicabile anche alla responsabilità contrattuale, si occupa dell’apporto di terzi elementi esterni alla condotta di chi è obbligato e richiede una verifica sulla rilevanza della causalità e cioè sulla relazione probabilistica tra condotta ed evento di danno, per acclarare l’esistenza di eventuali fattori estranei, costituiti dalla condotta di un terzo o dalla condotta del danneggiato“.