La Corte di Cassazione, con la sentenza del 6 aprile 2025 n. 9074, è chiamata a pronunciarsi sull’effettiva validità dell’atto di costituzione, nel precedente giudizio di merito, sottoscritto da un praticante non ancora iscritto all’albo professionale. Il Collegio rileva che: “come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. n. 18047/2019), l’iscrizione all’albo professionale di cui agli artt. 24 r.D.L. n. 1578 del 1933 ha natura costitutiva ai fini dell’esercizio della libera professione forense davanti ai tribunali o alle corti di appello, con la conseguenza che nella vigenza della citata normativa l’atto sottoscritto da un praticante non ancora iscritto all’albo professionale degli avvocati è affetto da nullità assoluta ed insanabile, rilevabile anche d’ufficio in qualsiasi stato e grado del processo, riguardando la violazione di norme di ordine pubblico attinenti alla regolare costituzione del rapporto processuale (Cass., 19/12/2014, n. 26898), attesa la stretta attinenza alla costituzione del rapporto processuale (si veda, con riferimento a praticante abilitato a svolgere soltanto l’attività indicata all’art. 8 R.D.L. n. 1578 del 1933, Cass., 23/9/2009, n. 20436). Conseguentemente, difettano i presupposti per l’applicazione del principio affermato da questa Corte in base al quale l’art. 182,2 co., c.p.c. (come modificato dall’art. 46,2 co., L. n. 69 del 2009, ma anche nel testo anteriore alle introdotte modifiche: v. Cass., 20/6/2017, n. 15156, e, conformemente, Cass. 14/11/2017, n. 26948) deve essere interpretato nel senso che ove rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione il giudice deve promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio ed indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali (Cass., 20/6/2017, n. 15156, e, conformemente, Cass. 14/11/2017, n. 26948).
Al contrario, sulla base di un costante orientamento di legittimità (Cass. n. 18047 del 2019) – affermato anche a Sezioni Unite – all’atto giudiziale di avvocato privo di “ius postulando non è applicabile l’art. 182,2 co., c.p.c. (come modificato dall’art. 46,2 co., L. n. 69 del 2009) giacché la sanatoria ivi prevista non si riferisce alle ipotesi di nullità assoluta ed insanabile dell’atto (Cass., 19/12/2014, n. 26898; Cass., 23/9/2009, n. 20436). Questa corte (S.U. 21 dicembre 2022 n. 37434) ha chiarito che nella vigenza del testo anteriore alla riforma e, dunque qui applicabile, qualora la procura sia inesistente, la stessa non potrà essere sanata con atti depositati dopo la notifica dell’atto processuale di avvio del giudizio. La giurisprudenza successiva ha confermato tale orientamento ribadendo che “l’art. 182, comma 2, c.p.c., nella formulazione anteriore alla c.d. riforma Cartabia, non consente di “sanare” l’inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite giacché in tale testo espressamente si fa riferimento ad “un vizio che determina la nullità della procura”, a differenza di quanto accade nel testo come novellato dal D.Lgs. n. 149 del 2022, ove si è espressamente esteso il fenomeno giuridico della sanatoria anche alla fattispecie di inesistenza (Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 28251 del 09/10/2023)“.