RCA: le eccezioni derivanti dal contratto non sono opponibili al danneggiato

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I ricorrenti censuravano la decisione di merito nella parte in cui, nonostante l’esistenza di un valido rapporto assicurativo comprovato dalla emissione del certificato di assicurazione e del contrassegno, ammetteva l’opponibilità delle eccezioni derivanti dal contratto di assicurazione sul rilievo della presenza di dichiarazioni inesatte dell’assicurata, ed, affermata la non esperibilità dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore della R.C.A. assumeva che i danneggiati avrebbero potuto esperire l’azione ex art. 283 cod. ass. nei confronti del FGVS. Tale decisione, ad avviso dei ricorrenti, confliggeva con l’art. 144 cod. ass., in presenza dei presupposti per poter esperire e proseguire utilmente l’azione diretta nei confronti dell’impresa assicuratrice risultante dalla documentazione prodotta, posto che: a) avevano prodotto sin dal primo grado di giudizio la copia del certificato di assicurazione dell’autovettura ; b) era stata prodotta sin dal primo grado di giudizio l’attestazione rilasciata dal Centro italiano di informazione presso la Consap Spa, secondo cui, alla data del sinistro, l’autovettura risultava assicurata; c) la compagnia non aveva mai contestato di aver emesso il suddetto certificato di assicurazione prodotto dagli attori ed aveva ammesso espressamente che la predetta autovettura risultava per l’appunto assicurata; d) i testi escussi avevano confermato che l’autovettura risultava assicurata.

La Corte di Cassazione, con la sentenza del 7 maggio 2025 n. 12110, ha ritenuto fondato il motivo, rilevando che: “l’art. 144, comma secondo, cod. ass., al pari di quanto già disposto dall’art. 18, comma secondo, L. 990/1969, prevede che “per l’intero massimale di polizza l’impresa di assicurazione non può opporre al danneggiato eccezioni derivanti dal contratto, né clausole che prevedano l’eventuale contributo dell’assicurato al risarcimento del danno. L’impresa di assicurazione ha tuttavia diritto di rivalsa verso l’assicurato nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione”. Tali disposizioni, non avendo il legislatore delegato provveduto a specificare quali siano le eccezioni non opponibili al terzo danneggiato, per risalente indirizzo espresso da questa Corte sono state intese come relative all’invalidità ed all’inefficacia del contratto di assicurazione, fra esse quelle di annullabilità del contratto in caso di dichiarazioni inesatte o reticenti (artt. 1892 e 1893 cod. civ.), ma non nel caso di eccezione di inesistenza e nullità del contratto stesso, quale la nullità per inesistenza del rischio a norma dell’art. 1895 cod. civ., che vizia la polizza stipulata per un periodo di tempo antecedente la data della sua sottoscrizione e dopo che il danno si è verificato (v. Cass., sez. III, 30 giugno 2011, n. 14410; 17 ottobre 1994, n. 8460). Sebbene, tale ultima puntualizzazione sia stata superata da Cass. 11 aprile 2016, n. 6974, a cui dire nell’assicurazione della responsabilità civile la circostanza che le parti abbiano fatto decorrere la copertura da un momento anteriore alla stipula non dà luogo a nullità del contratto, ma solo alla non indennizzabilità di quel sinistro. Viceversa, la nullità del contratto per inesistenza del rischio, ex art. 1895 cod. civ., sussiste quando nessun rischio può mai verificarsi: ad esempio, allorché si assicuri la responsabilità derivante dalla circolazione di un veicolo non più esistente perché demolito. Ma, salva tale particolare ipotesi, il rischio che il proprietario di un veicolo a motore sia chiamato a rispondere dei danni causati dalla circolazione del suo mezzo non cessa solo perché si sia già verificato un sinistro, perché il rischio assicurato può ulteriormente verificarsi. Analogamente, secondo l’orientamento maggioritario espresso in dottrina, sono inopponibili al danneggiato tutte le eccezioni relative all’invalidità e all’inefficacia del contratto, mentre restano estranee a tale regime solo le ipotesi di nullità del contratto di assicurazione o di inesistenza del rapporto assicurativo. È rimasto minoritario l’orientamento secondo cui, poiché la norma si riferisce alle eccezioni derivanti dal contratto e non a quelle fondate sul contratto, sarebbero inopponibili solo le clausole limitative del rischio assicurato, ossia quelle clausole che riconoscono all’assicuratore il diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione. Contro questa tesi è stato osservato, condivisibilmente, che essa contrasta con la finalità della legge e più in particolare con l’esigenza di garantire al terzo un diritto completamente autonomo nei confronti dell’assicuratore.

La stessa distinzione tra non opponibilità delle cause di invalidità e inefficacia del contratto e ipotesi di inesistenza o nullità del contratto, cede il passo in caso di rilascio del certificato assicurativo, posto che esso obbliga l’assicuratore verso il terzo danneggiato anche in tali ipotesi, per l’efficacia formale esplicata dallo stesso verso i terzi, a tutela del preminente del loro affidamento. È stato al riguardo osservato da questa Corte che il certificato costituisce una dichiarazione di scienza a contenuto confessorio, resa dall’assicuratore verso la generalità dei terzi e che, come per la confessione, il contenuto del certificato non può essere contestato dall’assicuratore, a meno che non provi che esso fu rilasciato per errore di fatto, ovvero estorto con violenza ai sensi dell’art. 2732 cod. civ. (v. Cass. 6974/2016 cit.). È stato altresì ritenuto in modo uniforme da questa Corte che “in forza del combinato disposto dell’art. 7 della n. 990 del 1969 (attuale art. 127 del D.Lgs. n. 209 del 2005) e dell’art. 1901 c.c., il rilascio del contrassegno assicurativo da parte dell’assicuratore della r.c.a. vincola quest’ultimo a risarcire i danni causati dalla circolazione del veicolo, quand’anche il premio assicurativo non sia stato pagato, ovvero il contratto di assicurazione non sia efficace, giacché, nei confronti del danneggiato, quel che rileva, ai fini della promovibilità dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile è l’autenticità del contrassegno, non la validità del rapporto assicurativo. Tuttavia, posto che la disciplina del citato art. 7 mira alla tutela dell’affidamento del danneggiato – il quale, pertanto, non è tenuto ad effettuare accertamenti se sia stato pagato il premio assicurativo o rilasciato solo il certificato ed il contrassegno, potendo fare ragionevole affidamento sull’apparenza della situazione – per escludere la responsabilità dell’assicuratore in ipotesi di contrassegno contraffatto o falsificato occorre che questi provi l’insussistenza di un proprio comportamento colposo, tale da ingenerare l’affidamento erroneo del danneggiato stesso” (v. Cass., sez. III, 13 luglio 2018, n. 18519; 27 agosto 2014, n. 18307; 13 dicembre 2010, n. 25130). Indipendentemente dal valore probatorio che possono avere tra le parti del contratto di assicurazione contrassegno e certificato (oggetto di dematerializzazione ai sensi dell’art. 31 D.L. 1/2012, convertito dalla L. 27/2012, ma attuato con il D.M. 9.8.2013 e, quindi, non applicabile al caso in esame), questi nei confronti dei terzi danneggiati costituiscono prova documentale del contratto di assicurazione con riguardo alle parti di essa espressamente riprodotte (ossia il nominativo dell’assicuratore e la scadenza del periodo assicurativo). Ne consegue che il terzo danneggiato che inoltri la sua richiesta di risarcimento per r.c.a. all’assicuratore, che risulti dal contrassegno (e quindi dal certificato), e che proponga poi contro lo stesso azione diretta, ha agito nei confronti di un soggetto che è tenuto al risarcimento in presenza di un certificato assicurativo e del relativo contrassegno. L’assicuratore, infatti, in base all’art. 127, comma secondo, cod. ass. risponde sempre nei confronti del danneggiato per il sinistro verificatosi entro il periodo di scadenza o il termine di tolleranza di cui all’art. 1901 c.c., comma 2, anche nel caso in cui non corrisponda allo stesso un valido rapporto assicurativo, ad esempio perché il certificato ed il contrassegno sono stati emessi per errore (v., Cass. 5 maggio 1980, n. 2940; 27 ottobre 1992, n. 11964) o perché sono stati rilasciati da un agente, il cui rapporto con la compagnia assicuratrice sia cessato (v. Cass. 5 agosto 1981, n. 4886) o perché il contratto si è sciolto per qualsiasi causa (v. Cass. 25130/2010, non massimata sul punto, ma espressamente in motivazione). Anche in ipotesi di certificato assicurativo, formalmente valido, ma rilasciato dopo il sinistro e fraudolentemente retrodatato, è stato rilevato che si tratta di circostanza non opponibile al terzo danneggiato quando la falsità provenga dall’agente per il tramite del quale è stato stipulato il contratto, potendo, tuttavia, l’assicuratore – una volta adempiuta la propria obbligazione nei confronti del terzo – agire in rivalsa nei confronti dell’intermediario infedele e in via di regresso nei confronti dell’assicurato (v. Cass. 6974/2016)“.

Il Collegio osserva poi che: “il Tribunale, oltre che non informarsi alla regola della non opponibilità al terzo danneggiato delle eccezioni derivanti dal contratto di assicurazione, ha operato erroneamente il bilanciamento tra le esigenze contrapposte del danneggiato e dell’assicuratore, là dove ha sostenuto l’alternatività tra l’azione ex art. 283 cod. ass. nei confronti dell’impresa designata dal FGVS. e quella diretta ex art. 144 cod. ass. verso l’assicuratore. In relazione a tale distinto rapporto istituito dalla legge, tra il soggetto danneggiato e l’impresa assicuratrice del responsabile del sinistro, indicata nel certificato e nel contrassegno, emerge l’esigenza di bilanciare l’interesse del danneggiato a esperire e proseguire utilmente l’azione diretta nei confronti della impresa risultante dai predetti documenti e l’interesse della impresa a non essere coinvolta nel giudizio, là dove tali documenti rappresentino una situazione di mera “apparenza”, non corrispondente alla esistenza di un effettivo rapporto contrattuale tra la impresa ed il responsabile del sinistro. Al riguardo, il discrimine selettivo dell’interesse da tutelare è stato rinvenuto da questa Corte – con giurisprudenza che può ritenersi costante – nella “riferibilità” del certificato e del contrassegno all’impresa assicurativa emittente, dovendo prevalere la tutela della apparenza sulla realtà nel caso in cui tali documenti possano ritenersi “autentici” ovvero genuini in quanto certamente provenienti dalla società assicurativa in essi indicata, la quale per averli rilasciati all’assicurato o comunque messi in circolazione affidandoli ai propri agenti per la compilazione ed il rilascio, ha determinato causalmente la situazione di apparenza giuridica nella quale ha posto affidamento il danneggiato per l’utile esperimento dell’azione diretta (v. Cass., sez. III, 13 ottobre 2017, n. 24069). L’azione diretta è rafforzativa della posizione del terzo danneggiato, considerato nell’intero impianto normativo come soggetto debole, al quale deve essere garantita nel massimo grado l’effettività del ristoro del danno (appunto attraverso la introduzione di rimedi giudiziali specifici quali l’azione diretta nei confronti di soggetto assicuratore, sebbene non vincolato contrattualmente, e l’azione risarcitoria esperibile nei confronti del FGVS nel caso in cui il veicolo del responsabile risulti privo di copertura assicurativa) e, dunque, la situazione di apparenza non può che ridondare ad esclusivo vantaggio della vittima, ma non può, invece, essere intesa come ostacolo al perseguimento dell’interesse proprio del danneggiato venendo ad essere opposta come eccezione di merito fatta valere dall’assicuratore per sottrarsi alla azione risarcitoria fondata sull’intervenuto annullamento del contratto intervenuto in altro giudizio, cui il danneggiato è rimasto estraneo, per la dichiarazione inesatta dell’assicurato (oggetto di domanda riconvenzionale svolta dalla compagnia convenuta anche nel giudizio promosso dagli odierni ricorrenti). Di qui, l’affermazione del principio di diritto secondo cui: “In tema di risarcimento danni da circolazione di veicoli, la tutela del soggetto danneggiato accordata in base al “principio dell’apparenza” di una situazione giuridica considerata dalla legge elemento della fattispecie costitutiva del rapporto obbligatorio (nella specie, la esistenza di un valido rapporto assicurativo della RCA “comprovata” dalla emissione del certificato di assicurazione e del contrassegno), e che legittima lo stesso ad esperire la “azione diretta” nei confronti dello “apparente assicuratore” della RCA, non costituisce un rimedio giudiziale che si colloca in relazione di esclusività-alternativa rispetto alla distinta azione risarcitoria nei confronti del FGVS, fondata sul presupposto legale della inesistenza di un valido rapporto assicurativo RCA, ma si aggiunge ad essa, quale ulteriore strumento di tutela del danneggiato volto a rafforzare i rimedi apprestati dalla disciplina normativa dell’assicurazione RCA a favore del conseguimento della pretesa risarcitoria vantata dalla vittima del sinistro, dovendo pertanto intendersi rimessa alla iniziativa del danneggiato -anche dopo la istituzione del Centro italiano di informazione e la previsione espressa del diritto di accesso ai relativi archivi- la scelta tra l’esperimento dell’azione risarcitoria “diretta” ex art. 18 legge n. 990/1969 (attuale art. 144 D.Lgs. n. 209/2005), facendo valere la situazione di apparenza indotta dalla emissione del certificato e del contrassegno assicurativo, ovvero -una volta acquisite le informazioni, presso gli archivi delle autorità competenti in ordine alla inesistenza di una valida polizza assicurativa RCA- l’esperimento dell’azione risarcitoria nei confronti della impresa designata dal FGVS ex art. 19, comma 1, lett. b) della legge 24 dicembre 1969 n. 990 (attuale art. 283, comma 1, lett. b), del D.Lgs. 7 settembre 2005 n. 209)” (v. Cass., 24069/2017, cit.). Il Tribunale, pertanto, ha errato, nel riferito contesto di apparenza dell’esistenza di un valido contratto assicurativo, nel ritenere praticabile il bilanciamento tra esigenze contrapposte sulla base della possibilità di chiamare ex art. 269 cod. proc. civ. l’impresa designata per il FGVS, in contrasto con il principio di effettività della tutela del danneggiato, cui spettava la scelta tra le due azioni, trascurando di considerare che la posizione della convenuta, comunque, sarebbe stata tutelabile con l’azione di rivalsa verso l’intermediario o quella di regresso verso l’assicurata“.

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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