Karl Popper affermava che: “chi ha da dire qualcosa di nuovo e di importante ci tiene a farsi capire. Farà perciò tutto il possibile per scrivere in modo semplice e comprensibile. Niente è più facile dello scrivere difficile”.
(La società aperta e i suoi nemici, 1945).
Ne abbiamo un esempio nella recente decisione della Corte di Cassazione (sentenza del 7 maggio 2025 n. 12111) che boccia letteralmente il ricorso (ed il suo estensore) rilevando che esso: “è privo dell’esposizione dei fatti salienti del giudizio (imposta a pena di inammissibilità dall’art. 366 n. 3 c.p.c.); di una chiara esposizione del contenuto della sentenza impugnata; di qualsiasi ragionata censura avverso quest’ultima. Il ricorso, in secondo luogo: a) tace circostanze rilevanti, quali le ragioni poste a fondamento della citazione in primo grado e quelle poste a fondamento dell’appello; b) contiene riferimenti a fatti o circostanze introdotti nella narrazione, ma inesplicati; c) contiene riferimenti ridondanti a fatti e circostanze del tutto irrilevanti ai fini del decidere. Un ricorso così concepito è incoerente nei contenuti ed oscuro nella forma: e coerenza di contenuti e chiarezza di forma costituiscono l’imprescindibile presupposto perché un ricorso possa essere esaminato e deciso, come ripetutamente affermato da questa Corte (Sez. 3, Ordinanza n. 16089 del 7.6.2023; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 25892 del 23.9.2021; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6546 del 10.3.2021; Sez. 3, Ordinanza n. 24697 del 5.11.2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9996 del 28.5.2020; Sez. 5 -, Sentenza n. 8425 del 30/04/2020). E ciò non solo per il nostro ordinamento, ma in tutte le legislazioni degli ordinamenti economicamente avanzati: basterà ricordare a tal riguardo, excerpta multorum, l’art. 3, comma 2, del codice del processo amministrativo (D.Lgs. 2.7.2010 n. 104), il quale impone alle parti di redigere gli atti “in maniera chiara e sintetica”; il par. 14, lettera “A”, della Guida per gli avvocati” approvata dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, ove si prescrive che il ricorso dinanzi ad essa debba essere redatto in modo tale che “una semplice lettura deve consentire alla Corte di cogliere i punti essenziali di fatto e di diritto”; o la Rule 8, lettera (a), n. 2, delle Federal Rules of civil Procedures statunitensi, la quale impone al ricorrente “una breve e semplice esposizione della domanda” (regola applicata così rigorosamente, in quell’ordinamento, che nel caso Stanard v. Nygren, 19.9.2011, n. 09-1487, la Corte d’Appello del VIII Circuito U.S.A. ritenne inammissibile per lack of punctuation un ricorso nel quale almeno 23 frasi contenevano 100 o più parole, ritenuto “troppo confuso per stabilire i fatti allegati” dal ricorrente)“