Danno catastrofale: tra equità ed arbitrio

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La sentenza n. 12656 del 13 maggio 2025 della Corte di Cassazione, attiene ad una vicenda dolorosissima. Un ragazzo di tredici anni, mentre attraversava il letto di un piccolo lago delle Prealpi bellunesi, nel Comune di D’Alpago, lago che era in custodia dell’ENEL PRODUZIONE Spa e sulle cui rive il comune aveva attrezzato una spiaggia balneare, sprofondava nel fango e rapidamente annegava.

In ordine al c.d. danno catastrofale (ossia quello consistente nella sofferenza per la consapevolezza di stare per morire), la Corte di Appello di Venezia, a seguito di rinvio della Corte di Cassazione, liquidava la somma complessiva di Euro 40.000,00. La Corte di Cassazione, con la precedente sentenza dd. 13 febbraio 2020 n.3557 che aveva determinato il rinvio, aveva infatti affermato che: “secondo l’indirizzo di questa Corte, “in tema di danno non patrimoniale risarcibile in caso di morte causata da un illecito, il danno morale terminale e quello biologico terminale si distinguono, in quanto il primo (danno da lucida agonia o danno catastrofale o catastrofico) consiste nel pregiudizio subito dalla vittima in ragione della sofferenza provata nel consapevolmente avvertire l’ineluttabile approssimarsi della propria fine ed è risarcibile a prescindere dall’apprezzabilità dell’intervallo di tempo intercorso tra le lesioni e il decesso, rilevando soltanto l’intensità della sofferenza medesima; mentre il secondo, quale pregiudizio alla salute che, anche se temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità, sussiste, per il tempo della permanenza in vita, a prescindere dalla percezione cosciente della gravissima lesione dell’integrità personale della vittima nella fase terminale della stessa, ma richiede, ai fini della risarcibilità, che tra le lesioni colpose e la morte intercorra un apprezzabile lasso di tempo” (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 21837 del 30/08/2019, Rv. 655085 – 01). Nel valutare la domanda di risarcimento del danno subito dal piccolo C.E. in relazione alla sofferenza psichica derivante dalla lucida percezione dell’approssimarsi della morte, la corte di appello si è discostata da tali principi, in quanto ha escluso la sussistenza di tale danno, non avendo ravvisato il “decorso di un apprezzabile lasso di tempo (che è stato contenuto nell’ordine di alcuni minuti) tra l’inizio dell’evento lesivo e la morte”. I giudici di merito hanno cioè erroneamente applicato un criterio di valutazione (quello della necessità di un apprezzabile lasso di tempo tra l’evento lesivo ed il decesso) che rileva nell’ottica della liquidazione del danno biologico temporaneo subito dalla vittima deceduta poco dopo il sinistro (danno in realtà non richiesto dall’attrice), ma non ha alcun rilievo nell’ottica della liquidazione del cd. danno catastrofale, riconducibile alla sofferenza psichica derivante dalla lucida percezione dell’approssimarsi della morte, che era l’unico danno nella specie richiesto (a maggior ragione, poi, emerge l’indicato errore di diritto, dal momento che i giudici di secondo grado non hanno specificamente negato la circostanza di fatto, già accertata dal tribunale, secondo cui l’esperienza vissuta del piccolo C.E. era stata “terrificante, dal momento in cui aveva cominciato a sprofondare sott’acqua, cercando inutilmente di aggrapparsi al suo amico”, circostanza che sul piano logico appare difficilmente compatibile con l’assenza di coscienza dell’approssimarsi del pericolo di annegamento, mentre ha evidente rilievo ai fini della valutazione dell’intensità della relativa sofferenza)“.

La nuova decisione della <Corte di Appello di Venezia innescava una nuova censura dei ricorrenti (genitori e nonni del ragazzo) che si lamentavano di non capire capire perché si fosse arrivati alla cifra di Euro 40.000,00, e non ad una somma maggiore, posto che non si dava conto del criterio di liquidazione, evocando (a torto) i precedenti della Corte di Cassazione ed in particolare in Cass. 16529/2019. Ed in verità tale ultima decisione distingueva tra il danno terminale, liquidabile secondo le tabelle, e danno catastrofale, inevitabilmente liquidabile in via equitativa.

La Corte di Cassazione nel rigettare il ricorso, rileva che: “i giudici di merito hanno fatto ricorso al criterio equitativo puro, il quale va motivato quanto ai criteri che hanno ispirato la liquidazione in quella misura anziché in un’altra (per esempio Cass. 18795/2021). I giudici del rinvio lo hanno fatto indicando nella durata e nella intensità i parametri cui ancorare il risarcimento. Ed è evidente che non ci può spingere fino a pretendere che si faccia analitico esame di quei criteri, ossia: quanto valgono dieci minuti di lucida consapevolezza e quanto quindici, o quanto è stimabile una consapevolezza piena della gravità e quanto invece un lume di speranza. Sono danni inestimabili, non solo per la loro gravità, ma proprio perché non esistono, se non in via stipulativa, parametri di oggettivo riscontro. Il che significa che il giudice di merito deve solo motivare di avere tenuto conto di un qualche afferente criterio (intensità e durata), essendo per il resto la stima insindacabile, poiché un sindacato presuppone che si indichino criteri diversi, di maggiore rigore, o di maggiore precisione, che porterebbero ad una stima diversa, e non ve ne sono“.

Decisione astrattamente corretta ma che sicuramente dimostra una certa pigrizia della Corte di Cassazione. Che l’importo sia del tutto insufficiente, facendo quasi a decadere il risarcimento di tale voce di danno ad un suo esercizio solo simbolico, è dimostrato dal seguente semplice ragionamento. Il Collegio reputa che la sofferenza derivante dalla consapevolezza di morire (e morire in una maniera atroce come quella del soffocamento) prolungatasi per dieci minuti equivale a quanto viene riconosciuto dalla tabella di Milano (sulla base dei precedenti giurisprudenziali) a quella provata da un ragazzo della medesima età del defunto che ha subito un danno biologico pari a circa il 20%. E’ vero che il secondo dovrà convivere con tale sofferenza per tutta la sua vita, ma resterà in vita, a differenza del primo .

Ecco quando il criterio equitativo puro nasconde un semplice arbitrio liquidativo.

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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