La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13161 del 18 maggio 2025, rigetta le censure proposte dalla ricorrente che contestava la legittimità del criterio di liquidazione fatto proprio dal giudice a quo attraverso l’adozione delle c.d. tabelle di Milano, in ragione della sostanziale considerazione dell’entità del danno morale quale variabile dipendente dell’entità del danno biologico, a dispetto della netta distinzione ontologica tra le due specifiche categorie di danno. Ed invero precisa che: “in contrasto con quanto sostenuto dalla ricorrente, varrà sottolineare come la giurisprudenza di legittimità abbia a più riprese confermato la correttezza della modalità di liquidazione del danno morale attraverso il riferimento all’entità del danno biologico al quale la sofferenza interiore patita dal danneggiato è correlata, senza che tale osservazione valga a incidere o, comunque, a compromettere la netta distinzione ontologica tra le due specifiche categorie di danno (cfr., tra tante, Cass. Sez. 3, 29/9/2021 n. 26301; Cass. Sez. 3, 10/11/2020 n. 25164); varrà inoltre evidenziare come la modalità di liquidazione del danno morale come frazione quantitativa del danno biologico abbia ricevuto una sua specifica consacrazione a livello legislativo, segnatamente attraverso il riconoscimento contenuto nell’art. 138 del D.Lgs. n. 209/2005 (c.d. codice delle assicurazioni private); in tal senso, mentre il danno morale mantiene in toto la propria autonomia e non è conglobabile nel danno biologico (trattandosi di sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale, e perciò meritevole di un compenso aggiuntivo al di là della personalizzazione prevista per gli aspetti dinamici compromessi v., in tal senso, Cass. Sez. 3, 11/11/2019 n. 28989), la stessa liquidazione del danno morale conserva una sua piena autonomia e successività rispetto alla precedente personalizzazione del danno biologico, atteso che tale personalizzazione risulta specificamente disciplinata in via normativa (art. 138, co. 3 c.d.a. “qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale (…), può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30%”); in breve, mentre il testo legislativo in esame (art. 138, co. 2 lett. a) definisce, da un lato, il danno biologico come “la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato”), dall’altro, con la successiva lettera e) del medesimo punto 2 dell’art. 138, stabilisce che, “al fine di considerare la componente morale da lesione dell’integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico (…) è incrementata in via progressiva e per punto, individuando la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione complessiva della liquidazione”. Da questa prospettiva, il legislatore, confermando quanto già da tempo affermato da questa Corte, in ordine al principio della piena autonomia del danno morale rispetto al danno biologico (atteso che il sintagma ‘danno morale’ non è suscettibile di accertamento medico-legale e si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d’animo di sofferenza interiore, che prescinde del tutto, pur potendole influenzare, dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato), ha riaffermato la necessità che la liquidazione di tale (autonomo) danno morale (di natura meramente interiore) non rimanga del tutto svincolata dalla vicenda materiale che ebbe a determinarne l’insorgenza, ritenendo ragionevolmente equo stabilirne la convertibilità in termini monetari attraverso la sua identificazione in una percentuale del danno biologico complessivamente determinato; converrà, d’altro canto, considerare come la dimensione eminentemente soggettiva del danno morale comporti, come diretta conseguenza, che la sua esistenza non corrisponda sempre a una fenomenologia suscettibile di percezione immediata e, quindi, di conoscenza ad opera delle parti contrapposte al danneggiato (Cass. Sez. 3, 17/05/2022, n. 15733). Da qui la necessità di una più articolata considerazione degli oneri di allegazione imposti alla parte, che nel caso in esame, non sono stati offerti.

Il danno morale in ipotesi di micropermanente
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13383 del 20 maggio 2025, coglie l’occasione