Il calcolo del danno differenziale

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I ricorrenti lamentavano che il giudice di primo grado avesse liquidato il danno biologico nella misura del 10% stabilita dal CTU, senza applicare il parametro differenziale tra valori risarcitori, in conformità con la giurisprudenza affermatasi sul punto (Cass., 19 marzo 2014, n. 6341; Cass. 11/11/2019, n. 28986; Cass. Sez, 6 n. 28327 del 20/09/2022), nonostante il CTU, avesse espressamente qualificato il danno biologico permanente subito dal paziente, nella misura indicata del 10%, “come maggior danno (il cosiddetto danno differenziale)“; sicché, partendo da una preesistente invalidità permanente del 50% quale postumo a carico del cuore, il “danno differenziale”, non riconosciuto dai giudici di merito, avrebbe dovuto essere calcolato secondo la tabella del Tribunale di Milano (anno 2014), sottraendo dal calcolo di danno totale del 60% , pari ad Euro 482.580,00, il calcolo di danno del 50%, pari ad Euro 354.961,00, con una differenza a credito degli eredi di Euro 102.095,00, in luogo del un danno biologico pari ad Euro 17.000,00, corrispondente al 10% di invalidità. La Corte di Appello di Bari non ravvisava alcun errore da parte del Giudice di Prime Cure, osservando che “in siffatto quadro non potranno che essere confermate le valutazioni date dal CTU del primo grado , ed in termini di quantificazione dei postumi indicati al 10%, non essendo emersi elementi di valutazioni che possano consentire di discostarsi dalle specifiche indicazioni date, essendo dal CTU anche stati resi in prime cure appositi chiarimenti sui bareme di riferimento utilizzati“.

La Corte di Cassazione, con la sentenza del 5 giugno 2025 n. 15062 rileva la contraddizione interna in cui è caduta la Corte di Appello di Bari allorché, riconoscendo solo un danno del 10% sulla base della CTU, non ha preso atto che il danno calcolato dal CTU al 10% avrebbe dovuto essere considerato in termini di danno differenziale rispetto al danno conseguente all’infarto in atto (50%) sul quale il personale medico non aveva prontamente agito. Difatti riferisce in motivazione che “Se pur può ipotizzarsi quindi che il richiamato ritardo può aver influito sul peggioramento delle condizioni del paziente, non si può tuttavia giungere a ritenere che le conseguenze possano esser configurate in termini sì rilevanti come quelle indicate dai CCttpp“. La CTU sul punto aveva ritenuto che nella fattispecie vi fosse stata una condotta censurabile da parte dei sanitari del Pronto Soccorso degli Ospedali Riuniti Azienda Ospedaliero Universitaria di Foggia nel ritardare l’intervento di angioplastica, che ha comportato un maggior danno miocardico: partendo da una preesistente invalidità permanente del 50%, il danno subito è stato valutato con una percentuale di danno biologico permanente che si aggira attorno al dieci (10) per cento, senza alcuna ulteriore dimostrabile incidenza sull’evento morte, avvenuta a distanza di cinque mesi.

La Corte precisa che: “è di tutta evidenza che il danno biologico permanente collegato alla malpractice si pone come danno differenziale del 10% e va calcolato quale maggior danno incidente sulla salute del paziente, già compromessa nella misura del 50% a causa della concomitante patologia. Di conseguenza la Corte di merito avrebbe dovuto correggere l’errore in cui era caduto il giudice di primo grado nel non riconoscere tale danno come “elemento di aggravamento” della salute del paziente già compromessa dall’infarto in atto, ma nel valutarlo solo ex se, come se avesse inciso su un paziente sano o comunque rimasto immune da ulteriori conseguenze (cfr. Cass. n. 28986/2019). Conclusivamente, pur dando atto che il CTU aveva sottolineato che il ritardato intervento aveva inciso in termini peggiorativi su una patologia concomitante, la Corte di merito ha erroneamente rilevato che i postumi invalidanti subiti e dovuti alle lesioni prodotte dall’evento occorso siano da stimarsi nella complessiva misura del 10% e, applicate le tabelle milanesi correlate all’età del paziente al momento del sinistro, ha completamente disatteso il criterio sopra individuato, che avrebbe comportato la necessità di calcolare il “valore monetario dall’invalidità complessivamente accertata” e di sottrarre da tale valore quello corrispondente al grado di invalidità preesistente, fatta salva la possibilità di esercizio del potere discrezionale di applicare “la cd. equità giudiziale correttiva od integrativa, ove lo impongano le circostanze del caso concreto” (Cass. n. 28896/2019 cit.). In altri termini, la sentenza impugnata è viziata là dove non ha effettuato una quantificazione rapportata alla invalidità complessiva successiva al sinistro (comprensiva delle menomazioni preesistenti e di quelle causate dal sinistro che, in rapporto policrono concorrente, hanno aggravato la precedente condizione del paziente) per poi pervenire, tramite sottrazione del valore monetario corrispondente alla patologia originaria, a determinare il “differenziale” risarcitorio spettante al danneggiato.

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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