La Corte di Cassazione ha già avuto molte occasione di chiarire, come fa adesso con la sentenza del 10 giugno 2025 n.15438, che, in tema di responsabilità sanitaria: “la deduzione di profili di colpa diversi e ulteriori rispetto a quelli originariamente allegati, fondati eventualmente su circostanze emerse all’esito della consulenza tecnica d’ufficio, non integra domanda nuova, poiché non determina alcun mutamento della causa petendi e dell’ambito dell’indagine processuale, non potendo attribuirsi portata preclusiva, in tal senso, alle specificazioni della condotta inizialmente operate dall’attore, il cui onere di allegazione dev’essere rapportato alle informazioni accessibili e alle cognizioni tecnico-scientifiche da lui esigibili, senza imporgli di enucleare specifici e peculiari aspetti tecnici di responsabilità professionale, conoscibili soltanto dagli esperti del settore.
Siffatta conclusione trova giustificazione nel fatto che l’onere processuale di allegazione, in relazione alle azioni di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni professionali, non si spinge fino alla necessità di enucleazione e indicazione di specifici e peculiari aspetti tecnici di responsabilità professionale, bastando la contestazione dell’aspetto colposo dell’attività medica (v., senza pretesa di esaustività, Cass. 23/04/2024, n. 10901; Cass. 15/03/2024, n. 7074; Cass. 20/03/2018, n. 6850; Cass. 26/07/2012, n. 13269; Cass. 19/05/2004, n. 9471).
Pertanto, nelle fattispecie in cui venga domandato in giudizio il risarcimento del danno causalmente ascrivibile a precise condotte colpose asseritamente poste in essere dai sanitari (nella specie, l’inadeguata informazione circa le cautele da adottare nella fase successiva all’esecuzione dell’intervento) non costituisce inammissibile mutamento della domanda la circostanza che l’attore ipotizzi l’essersi verificata una ulteriore circostanza (l’eventuale non corretta esecuzione dell’intervento) causativa del danno lamentato.
Peraltro, spetta al giudice interpretare la domanda proposta, mediante l’analisi delle allegazioni e delle affermazioni della parte, senza essere vincolato dalle espressioni letterali utilizzate, ma indagando e considerando il contenuto sostanziale della stessa come ricavabile, ad esempio, dalle argomentazioni (in fatto e in diritto) contenute nell’atto introduttivo o negli atti defensionali successivi, dai mezzi istruttori offerti, dalle precisazioni compiute nel corso del giudizio, persino, dal comportamento processuale (Cass. 07/02/1996, n. 969).“