Con la sentenza n. 918, emessa in data 12 giugno 2025, il Tribunale di Vicenza (dott. Ludovico Rossi) ha riconosciuto, in una causa trattata dallo Studio, il risarcimento per il danno morale e per le ricadute dinamico esistenziali delle lesioni, distinti dalle valutazione del mero dato biologico, contenute nella tabella ministeriale. La sentenza, pregevole per il rigore sistematico che offre, costituisce una conferma della distinzione dei differenti danni in opposizione ad una configurazione confusionaria (molto spesso purtroppo rintracciabile nelle decisioni dei Giudici di Pace) che vorrebbe ogni aspetto del danno non patrimoniale compreso nella tabellazione ministeriale. L’affermazione netta è che invece la tabella per le micropermanenti riguarda esclusivamente il danno biologico, mentre il danno morale e le ricadute dinamico relazionali devono trovare adeguato ristoro, in aggiunta, secondo quanto previsto dall’art. 139 C.d.A.. Ciò costituisce un buon viatico per la prossima applicazione della TUN.
Nella sentenza si legge infatti che: “l’attore, pur unendo la richiesta a quella riguardante la personalizzazione, ha altresì chiesto il riconoscimento del danno morale. Stanti i rilievi della convenuta va ricordato che il danno morale – distinto dal danno biologico – può essere riconosciuto (cfr. Cass. SU, sent. n. 26972 dell’11/11/2008; Cort. Cost. 235/2004), valorizzando il disposto dell’art. 139, co. 3 cod. ass; il danno morale non deve essere tuttavia riconosciuto in via automatica, ma è soggetto all’onere di allegazione e prova (cfr. Cass. Sez. III, sent. 339 del 13/1/2016). La Compagnia ha sostenuto che B. non avrebbe provato/né tanto meno allegato elementi a supporto del riconoscimento del danno morale. Tale impostazione non è condivisibile. Uno degli elementi da cui è possibile presumere la sussistenza di un danno morale è la sofferenza della persona, nell’ambito del quale rientra anche il dolore provato per le lesioni subite a causa del sinistro – sofferenza menomazione correlata, con la specificazione per cui, quando le lesioni sono di lieve entità, si ritengono normalmente assorbite nel danno biologico tutte le conseguenze riscontrabili sul piano psicologico, ivi comprese quelle misurabili sotto il profilo del danno morale, salvo prova contraria (cfr. in tal senso, Cass. Sez. III, ord. n. 6444 del 3/3/2023). In merito a tale aspetto il CTU – con valutazione che pure non ha formato oggetto di osservazioni – ha riconosciuto che il grado di sofferenza durante i primi 50 giorni è stato medio, medio-lieve nel successivo periodo di malattia e a postumi stabilizzati. Può poi desumersi un forte patema d’animo, dalla dinamica del sinistro (impatto con una vettura immessasi all’improvviso sulla corsia di marcia). Considerati tali fattori, e l’intensità della sofferenza morale/menomazione correlata accertata dal CTU, pare dunque congruo riconoscere per il periodo di IT il danno morale nella misura del 10% – stante la maggiore intensità della sofferenza menomazione correlata in tale fase – e per il periodo di IP nella misura del 5%, stante la più ridotta intensità della sofferenza in detto periodo, dunque per € 310,72 (10% di 3.107,25) e € 882,41 (5% di 17.648,20). A ristoro del danno morale dovranno essere riconosciuti complessivi € 1.193,13 (310,72 + 882,41).
Può essere accolta la richiesta personalizzazione del danno biologico. Va ricordato che la misura standard del risarcimento può essere incrementata dal Giudice solo in presenza di conseguenze anomale e peculiari (che è onere del danneggiato allegare e provare), rispetto alle conseguenze ordinarie di un sinistro (cfr. in tal senso, tra le varie, Cass. Sez. VI, ord. n. 5865 del 4/3/2021). Ad avviso della Suprema Corte, la personalizzazione può poi essere operata esclusivamente sulla componente del danno biologico (cfr. Cass. Sez. III, ord. n. 15733 del 17/5/2022). In questo contesto, è stato condivisibilmente affermato che il danno da lesione della “cenestesi lavorativa”, consistente nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell’attività lavorativa e non incidente direttamente sulla facoltà di produrre reddito della persona offesa, risolvendosi in una compromissione biologica dell’individuo, costituisce una posta di danno non patrimoniale (Cass. Sez. III, sent. n. 17411 del 28/6/2019; Cass. Sez. VI Ord. n. 12572 del 22/5/2018). La “lesione della cenestesi lavorativa” può quindi essere un elemento che giustifica una personalizzazione del danno. Quando il danno alla salute ricade nelle c.d. lesioni micropermanenti, la personalizzazione può essere operata con le modalità di cui all’art. 139, co. 3 cod. ass. L’attore ha ricollegato la sua pretesa a vari fattori, ossia (a) lo spavento al momento del sinistro/(b)il dolore e le sofferenze, (c) la durata delle cure, (d) il tipo di terapia (e) il grado di impedimento/rinuncia alle normali attività quotidiane sportive, ludiche (f) la lesione della dignità quale vittima di reato (g) la violazione dell’art. 148 c.d.a. e alla luce delle risultanze di CTU (che ha escluso che la capacità lavorativa sia risultata incisa dal sinistro, che comunque avrebbe comportato una maggiore gravosità per l’attore) anche per la cenestesi. I fattori a) e b) sono già stati valorizzati in sede di liquidazione del danno morale, quelli sub. c) e d) al più avrebbero potuto rilevare nella valorizzazione dell’IT (anche sotto il profilo morale) e in quella sede sono stati considerati, gli elementi sub. e) oltre che genericamente allegati non sono stati dimostrati dall’attore (che avrebbe dovuto provare di svolgere una data attività in misura superiore all’ordinario e che la stessa fu compromessa dal sinistro); la circostanza sub f) è delineata genericamente; il fattore g) non rileva ai fini dell’eventuale personalizzazione, potendo al più la violazione della procedura ex art. 148 cod. ass. essere valorizzata ai sensi del comma 10 di detta disposizione. Quanto alla cenestesi, B. ha provato di essere operaio, in origine montatore meccanico di automazioni robotiche, in corso di causa manutentore in pastificio. Si è detto che il CTU ha ritenuto “Proponibile la strategia risarcitoria dell’appesantimento del valore economico del punto percentuale di danno biologico permanente: dati i riflessi negativi delle menomazioni, specie di quelle relative alla spalla destra dominante, su di un lavoro pesante come quello di manutentore” Nelle note conclusive la Compagnia ha contrastato le conclusioni della CTU, assumendo non esservi prova del maggior affaticamento. Il rilievo non è condivisibile: essendo pacifico e non contestato che il B. svolgesse l’attività di operaio prima del sinistro, il CTU ha correttamente rilevato che le problematiche alla spalla potrebbero avere riflessi negativi nel lavoro di tutto i giorni, stante la tipologia di attività. Può dunque dirsi che i postumi permanenti condizioneranno a vita il lavoro dell’attore, rendendolo più gravoso. Per tale ragione, considerata anche la giovane età dell’attore, pare congruo riconoscere la richiesta personalizzazione, nella misura del 10% del danno biologico permanente, per ulteriori € 1.764,82 (10% di 17.648,20)“.