Con riguardo al danno patrimoniale da lucro cessante, la Corte di Cassazione (sentenza del 25 giugno 2025 n.17154) rammenta il proprio principio secondo cui: “ove il danneggiato dimostri di avere “perduto” un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui era titolare a causa delle lesioni conseguenti ad un illecito, il danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, va liquidato tenendo conto di tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro, in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica accertata come conseguente alle lesioni permanenti riportate, salvo che il responsabile alleghi e dimostri che il danneggiato abbia di fatto reperito una nuova occupazione retribuita, ovvero che avrebbe potuto farlo e non lo abbia fatto per sua colpa, nel qual caso il danno potrà essere liquidato esclusivamente nella differenza tra le retribuzioni perdute e quelle di fatto conseguite o conseguibili in virtù della nuova occupazione (ex aliis, Cass. 7/07/2023, n. 19355)“.
Avuto riguardo al ricordato principio, la Corte di Cassazione, dinanzi alla comprovata perdita del lavoro precedentemente svolto, ritiene irrilevante la circostanza che l’inabilità complessiva derivante dall’evento dannoso sia stata riconosciuta nella misura – peraltro rilevante – del 50%. Dall’altro, al cospetto dell’accertamento di merito che alla vittima era stata riconosciuta la mera permanenza della capacità lavorativa di manovalanza generica, il Collegio rileva che: “sarebbe spettato all’eccipiente non solo allegare ma anche dimostrare che il danneggiato aveva di fatto reperito (o avrebbe potuto reperire) una nuova occupazione retribuita, specie in considerazione del fatto che, nella fattispecie, la Corte d’Appello ha pure accertato, sia pure in funzione della liquidazione del danno morale soggettivo, l’ulteriore circostanza che Ta.Ma., in seguito al rallentamento ideomotorio, alla parziale afasia e a tutti gli altri sintomi residuati dall’evento ischemico, aveva sviluppato sentimenti di disistima e di vergogna che lo avevano spinto ad isolarsi socialmente ed a vivere prevalentemente in casa“.