La clausola claims made e la regolazione prevista in proposito dalla Legge Gelli

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La Corte di Cassazione (sentenza del 2 luglio 2025 n. 178921) torna ad occuparsi dell’annosa questione della clausola assicurativa claims made.

La ratio della decisione, impugnata avanti la predetta Corte, riguardava appunto una clausola claims made che limitava la copertura ai fatti accaduti non oltre cinque anni prima dalla stipula, previsione ritenuta valida, in quanto le condizioni contrattuali regolanti la copertura, accettate dalla struttura sanitaria, consentivano, senz’altro, di ritenere non svilita la funzione pratica perseguita dalle parti, in quanto: il periodo di “retroattività”, ossia il periodo di tempo, precedente la conclusione del contratto, considerato come periodo di accadimento dei sinistri da ritenere in copertura (sempre se denunciati durante la vigenza del contratto), era di 5 anni, sicché, in aggiunta alla durata biennale della polizza, (dal 31.3.2012 al 31.3.2014) comportava una copertura estesa a sette anni; il premio annuo, pari euro 4.990.000,00, doveva ritenersi commisurato alla garanzia prestata, se si considerava che quest’ultima era estesa sia alla responsabilità civile verso terzi che alla responsabilità civile verso i prestatori di lavoro.

La Corte di Cassazione conferma la decisione precisando preliminarmente che: “come ritenuto dalle Sezioni unite di questa Corte, il controllo sulla validità della clausola claims made non è un controllo di meritevolezza simile a quello che è imposto dall’articolo 1322 c.c., secondo comma per i contratti atipici. E dunque non serve richiamare la giurisprudenza di questa Corte sulla meritevolezza dei contratti atipici. Ciò in quanto il contratto di assicurazione conserva la sua tipicità, anche quando vi venga apposta una clausola claims made, e quindi il controllo sulla funzione perseguita da tale clausola è quello previsto dal primo comma dell’articolo 1322 c.c., che è quello atteso per i contratti tipici, ossia “della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l’adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l’ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale” (Cass. sez. un. 22437/ 2018)“.

Il Collegio poi specificamente afferma che: “la clausola non può dirsi contrastante con la legge solo perché non copre il rischio per tutti i dieci anni di prescrizione, ma solo per sette di essi. Non è qui solo questione di equilibrio contrattuale, il quale è stato accertato dal giudice di merito, che ha escluso squilibro a sfavore dell’assicurato, ma è questione di contrasto della clausola con norme di legge. La circostanza stessa che l’obbligo di assicurare per almeno dieci anni sia stato introdotto dopo (con legge n. 124 del 2017) è significativo sul piano della interpretazione. Poiché quella norma non si può applicare retroattivamente, in quanto, quando è entrata in vigore il contratto era stato già stipulato e definito, significa, per contro, che al momento della stipula un tale vincolo non operava ed i contraenti non vi erano tenuti. Proprio la circostanza che il vincolo è stato introdotto dopo impedisce di dire che al momento della stipula quel vincolo operava e le parti avrebbero dovuto rispettarlo, pena la nullità del contratto. Dunque, non si può dire che la clausola è contraria a legge, nella accezione fatta propria dalla citata sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, poiché la legge al momento della stipula ancora non c’era. Né ovviamente può dirsi che la legge (124 del 2017) ha recepito un principio già insito nel sistema, principio che quindi era vigente al momento della stipula, ed obbligava le parti. Ciò equivale ad una sua applicazione retroattiva: come dire che la legge si limita a dichiarare e non a costituire una regola, che era già vigente ed obbligava le parti. Efficacia, questa, che non può predicarsi di una norma di legge innovativa del preesistente sistema di significati“.

Pari discorso viene svolto anche con riguardo alla valutazione della mancata previsione della copertura per fatti postumi. ED invero: “il vincolo di prevedere un periodo di ultrattività è stato, si, introdotto, dalla legge 124 del 2017, ma per il caso di cessazione dell’attività professionale (“In caso di cessazione definitiva dell’attività professionale per qualsiasi causa deve essere previsto un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di efficacia della polizza, incluso il periodo di retroattività della copertura”). E quindi, anche in tal caso, il vincolo, al momento della stipula non c’era.In altri termini, proprio il fatto che quei due vincoli – prevedere una copertura di almeno dieci anni e prevederla anche per fatti successivi alla scadenza della polizza – siano stati introdotti dopo la conclusione del contratto in questione significa che prima non operavano, non potendosi attribuire alla legge che li ha introdotti una portata meramente ricognitiva di obblighi già preesistenti, portata che non avrebbe di suo neanche senso alcuno“.

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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