La ricorrente sosteneva che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’Appello, che ne aveva esclusa la risarcibilità in via autonoma sul rilievo della sua inclusione nel danno non patrimoniale, la perdita della capacità lavorativa generica, determinata dal C.T.U. nella misura di 1/3, costituiva un danno patrimoniale “attinente al mancato guadagno e perdita di chance che il danneggiato ha subito quale certa diminuzione di possibilità lavorative future e quindi di capacità di guadagno“. Tale danno sarebbe risarcibile anche in favore di un soggetto che al momento del sinistro non sia occupato (all’epoca dei fatti era minorenne), e, in assenza di prova del reddito perduto o non ancora goduto, esso è liquidabile in base al criterio del triplo della pensione sociale (ora assegno sociale). La Corte d’Appello, investita dall’appellante della questione relativa al risarcimento del danno perdita della capacità di guadagno determinata dalla riduzione della capacità lavorativa generica, stimata dal C.T.U. nella misura di 1/3, ha affrontato il tema nella limitata prospettiva del danno non patrimoniale.
La Corte di Cassazione (sentenza del 4 luglio 2025 n. 18308) precisa a tale proposito che: “sebbene non possa revocarsi in dubbio che sul piano storico la nozione di “capacità lavorativa generica” sia servita ad affrancare il danno alla persona dalla lesione alla capacità reddituale ed ha permesso di affermare l’autonoma risarcibilità del danno biologico inteso come “la lesione all’integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale. Il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito del danneggiato” (art. 5, comma terzo, L. 57/2001. Definizione poi ripresa e ampliata dagli artt. 138 e 139 cod. ass.) e, ancor prima, “In attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento, il presente articolo definisce, in via sperimentale, ai fini della tutela dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali il danno biologico come la lesione all’integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona. Le prestazioni per il ristoro del danno biologico sono determinate in misura indipendente dalla capacità di produzione del reddito del danneggiato” (art. 13 D.Lgs. 33/2000), la questione sollevata dall’appellante atteneva al diverso tema del risarcimento del danno alla capacità di guadagno causato dalla riduzione permanente della validità psicofisica di un soggetto all’epoca dei fatti minorenne.
In altri termini, la questione da esaminare era affatto diversa. Nondimeno, come è stato ripetutamente sostenuto da questa Corte, nella liquidazione del danno alla capacità lavorativa di un minore il grado di invalidità permanente determinato da una lesione all’integrità psico-fisica non si riflette automaticamente, né tanto meno nella stessa misura, sulla riduzione percentuale della sua specifica capacità lavorativa futura e, quindi, di guadagno dello stesso, dovendo tenersi conto dell’età della vittima, del suo ambiente sociale e della sua vita di relazione (v., Cass., sez. III, 30 settembre 2008, n. 24331; 30 settembre 2009, n. 20943; 23 agosto 2011 n. 17514; 14 novembre 2013, n. 25634; in tal senso v., altresì, Cass. sez. III, 15 aprile 1996, n. 3539; 11 novembre 1998, n. 11349). L’elemento da prendere in esame in via prioritaria è rappresentato dalle vocazioni manifestate dal minore (tipo di studi, capacità, meritevolezza, interessi), giacché solo in base a questi elementi è possibile stabilire verso quale area lavorativa il minore si sarebbe presumibilmente indirizzato. In particolare, è stato affermato che “la liquidazione del danno da riduzione della capacità di guadagno, patito in conseguenza di un sinistro stradale da un minore in età scolare, può avvenire attraverso il ricorso alla prova presuntiva, allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell’infortunio. La relativa prognosi deve avvenire, in primo luogo, in base agli studi compiuti ed alle inclinazioni manifestate dalla vittima e, in secondo luogo, sulla scorta delle condizioni economico – sociali della famiglia. In assenza di riscontri concreti dai quali desumere gli elementi suddetti, (e, perciò, del possibile ricorso alla prova presuntiva), la liquidazione potrà avvenire attraverso il ricorso al triplo della pensione sociale. La scelta tra l’uno o l’altro tipo di liquidazione costituisce un giudizio tipicamente di merito ed è, pertanto, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata” (v. Cass. 24331/2008, cit.).
Tale principio diritto è stato più di recente ribadito: “Il danno da riduzione della capacità di guadagno subito da un minore in età scolare, in conseguenza della lesione dell’integrità psico-fisica, può essere valutato attraverso il ricorso alla prova presuntiva allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro il danneggiato percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell’evento lesivo, tenendo conto delle condizioni economico-sociali del danneggiato e della sua famiglia e di ogni altra circostanza del caso concreto” (v. Cass., sez. III, 15 maggio 2018, n. 11750; 4 marzo 2024, n. 5787). È anche vero che la difficoltà di prova nella quantificazione del danno non osta per sé al suo risarcimento al cospetto del potere di valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ. (v. Cass., sez. III, 12 giugno 2015, n. 12211; 6 dicembre 2018, n. 31546; 17 novembre 2020, n. 26051; 5 febbraio 2021, n. 2831; 18 marzo 2022, n. 8941; 29 aprile 2022, n. 13515), nondimeno al fine di poter risarcire il danno alla futura capacità di guadagno ha un rilievo essenziale la deduzione degli indicati elementi, ossia la specifica indicazione delle inclinazioni manifestate dal minore sul piano del tipo di studi, la capacità, la meritevolezza, gli interessi da valutare nel contesto delle condizioni economico-sociali.
In caso di assenza di elementi concreti cui far riferimento si è ritenuto che “ove l’elevata percentuale di invalidità permanente renda altamente probabile, se non certa, la menomazione della capacità lavorativa specifica ed il danno ad essa conseguente, il giudice può accertare in via presuntiva la perdita patrimoniale occorsa alla vittima e procedere alla sua valutazione in via equitativa” (v. Cass. 11750/2018; 7 novembre 2005, n. 21497), trattandosi di danno provato nella sua esistenza e non dimostrabile se non con grande difficoltà nel suo preciso ammontare (v. Cass. 20943/2009, cit.)“