La Corte di Cassazione (sentenza del 4 luglio 2025 n. 18313) ricapitola i principi del danno patrimoniale in ambito r.c.a.. Rileva infatti che: “l’art. 137 cod. ass. (“Danno patrimoniale”) disciplina la liquidazione del danno da perdita della capacità di guadagno in caso di lesione alla salute e l’onere della prova nel settore della responsabilità civile da circolazione di autoveicoli. In particolare, il primo comma prevede che “Nel caso di danno alla persona, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l’incidenza dell’inabilità temporanea o dell’invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina, per il lavoro dipendente, sulla base del reddito di lavoro, maggiorato dei redditi esenti e al lordo delle detrazioni e delle ritenute di legge, che risulta il più elevato tra quelli degli ultimi tre anni e, per il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto che risulta il più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche negli ultimi tre anni ovvero, nei casi previsti dalla legge, dall’apposita certificazione rilasciata dal datore di lavoro ai sensi delle norme di legge“.
La norma costituisce una deroga al principio generale in base al quale le dichiarazioni stragiudiziali rese dalla parte possono fare prova in giudizio a sfavore e non al contrario, dato peraltro superabile dallo stesso danneggiato, il quale, in base al comma secondo, può essere ammesso a dare la prova contraria (rispetto alle dichiarazioni), “ma, quando dalla stessa risulti che il reddito sia superiore di oltre un quinto rispetto a quello risultante dagli atti indicati nel comma 1, il giudice ne fa segnalazione al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate”. L’agevolazione sul piano della modalità di prova della perdita della capacità di guadagno con attribuzione di efficacia probatoria privilegiata alle dichiarazioni dei redditi (v. Cass., 31 agosto 2015, n. 17294; 30 marzo 2010, n. 7631; 21 novembre 2000, n. 15025), tuttavia, non esonera il danneggiato dalla prova dell’esistenza e dell’entità del danno, “poiché il danno che va liquidato è sempre quello effettivamente verificatosi” (v. Cass. 15025/2000, cit.), mentre le dichiarazioni dei redditi rilevano sul piano del quantum e non dell’an.
Per converso, il danneggiato non può limitarsi ad allegare di avere patito un danno alla persona e a depositare le denunce dei redditi per pretendere la liquidazione anche del danno patrimoniale da incapacità di lavoro, per essere necessaria la prova del se e in quale misura la menomazione fisica abbia inciso sui suoi redditi (“Quando sia certo che la vittima di lesioni personali, causate da un sinistro stradale, abbia perduto la capacità di guadagno”, v. Cass., 15 maggio 2012, n. 7531; “In tema di danno patrimoniale da incapacità lavorativa, la relativa liquidazione non può essere fatta in modo automatico in base ai criteri dettati dall’art. 4 L. 26 febbraio 1977 n. 39”, v., Cass. 14 novembre 2011, n. 23761). Una volta che sia stata offerta tale prova si potrà procedere alla determinazione della perdita di guadagno sulla base delle dichiarazioni dei redditi.
Nel caso di specie, l’attore ha prodotto solo la dichiarazione dei redditi per l’anno 2015 conformemente a quanto indicato dal comma primo dell’art. 137 cod. ass., il quale prevede per il lavoro autonomo il computo “sulla base del reddito netto che risulta il più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche negli ultimi tre anni”, ma questo non sarebbe bastato per il riconoscimento di tale posta di danno. Infatti, tale produzione non permette di procedere alla liquidazione del danno in via automatica sulla base della mera proiezione della determinazione da parte del C.T.U. della durata dell’inabilità temporanea (assoluta e parziale) ai fini del computo del danno biologico temporaneo, dovendo verificare la concreta ricaduta sul piano della capacità di guadagno, della cui prova è onerato l’attore“