La Corte di Cassazione con la sentenza del 4 giugno 2025 n. 14970 ribadisce il principio che la legittimazione per la formulazione della richiesta iure proprio prescinde totalmente dalla dimensione successoria. Ed invero osserva che: “il principio di diritto indebitamente richiamato, ed altrettanto indebitamente applicato, sia dal giudice di primo grado che dalla Corte d’Appello, che onera colui che propone l’azione o l’impugnazione di dare la prova della qualità di erede, riguarda l’ipotesi in cui l’impugnazione venga spiegata in qualità di successore di una delle parti originarie venuta meno nelle more del processo, nonché quella in cui l’azione venga proposta nell’asserita qualità di erede di altro soggetto, indicato come originario titolare del diritto (cfr., al riguardo, da ultimo, Cass. 27/09/2024, n. 25860). Tali presupposti non sussistono nell’ipotesi di domanda di condanna al risarcimento del danno per la morte di una persona cagionata dal fatto illecito altrui, atteso che il diritto risarcitorio si acquista dai prossimi congiunti iure proprio e non iure hereditario, onde essi non debbono provare di essere eredi per esercitare la relativa azione (cfr. già la risalente Cass. 30/11/1977, n.5221), salva l’ipotesi in cui, essendo la morte avvenuta dopo apprezzabile lasso di tempo, vengano invocate anche le voci del danno patrimoniale e non patrimoniale c.d. terminale, che competono, appunto, iure hereditario“.
Nella fattispecie gli attori, nel domandare il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale e del danno patrimoniale da lesione del credito, avevano fatto valere delle pretese iure proprio, rispetto alle quali non si era verificata la vicenda di successione ereditaria perché sorte originariamente sulla sfera giuridica dei suoi congiunti. Soltanto con riguardo al capo di domanda concernente il danno tanatologico (peraltro, nella fattispecie, del tutto marginale, come evidenziato dagli stessi attori, dal momento che il decesso era avvenuto nella quasi immediatezza del sinistro), sarebbe rilevata la dimostrazione della qualità di eredi degli attori, qualità che comunque avrebbe dovuto essere apprezzata nel merito, in base alla documentazione che era stata offerta in produzione e che indebitamente è stata reputata inammissibile.
“Poiché, ai fini del riconoscimento del danno da perdita del rapporto parentale e del danno patrimoniale da lesione del credito rilevava, anziché la qualità di “erede”, il rapporto di parentela con il de cuius – e poiché questo rapporto, diversamente dalla predetta qualità, non aveva formato oggetto di contestazione da parte del convenuto (che si era limitato, sotto tale aspetto, a contestare il rapporto di convivenza) ed era stato altresì documentato (mediante invio di certificati di stati di famiglia) nelle comunicazioni antecedenti all’istaurazione del giudizio inviate alla società assicurativa -indebitamente il giudice del merito ha rigettato la domanda risarcitoria iure proprio per difetto di prova di legitimatio ad causam“.