Con nuova decisione (sentenza del 28 luglio 2025 n. 21604) la Corte di Cassazione conferma il divieto di frazionamento del credito originato da responsabilità civile. A fronte del rigetto della domanda operata dal Tribunale di Locri e dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, il danneggiato ricorreva avanti la Corte di Cassazione lamentando che la Corte d’Appello aveva escluso che l’appellante avesse un interesse alla proposizione separata dei due giudizi (l’uno per ottenere il risarcimento del danno alle cose, l’altro per ottenere il risarcimento del danno alla persona) senza valutare adeguatamente i documenti depositati dal ricorrente per dimostrare l’esistenza di tale interesse-
La Corte di Cassazione ritiene la censura inammissibile, rilevando che la Corte d’Appello aveva invece rilevato che la storia clinica documentata si interrompeva il 2 novembre 2012, ovvero cinque mesi dopo il sinistro. Da ciò aveva tratto la conclusione che a cinque anni di distanza dal sinistro i postumi dovevano ritenersi guariti da tempo, e che pertanto il decorso della malattia non avrebbe impedito all’attore di proporre congiuntamente le due domande di risarcimento del danno al motociclo ed alla persona. Trattasi d’un giudizio di fatto insindacabile in questa sede. La Corte inoltre aggiunge che: “l’esistenza d’un interesse al frazionamento d’una domanda di condanna scaturente dal medesimo fatto illecito richiede un accertamento di fatto che è riservato al giudice di merito, ed è insindacabile in questa sede. Aggiungasi che mai l’odierno ricorrente si è peritato di indicare in modo chiaro (non nella citazione, non nelle comparse conclusionali, non nell’appello, e neppure nel ricorso per cassazione) quale fu la durata dell’invalidità temporanea per la quale richiese il risarcimento. Ed urta contro nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza (oltre che col buon senso) che una distorsione di caviglia ed una frattura di clavicola richiedano cinque anni per guarire. Infine, non sarà superfluo ricordare come questa Corte abbia già stabilito, con riferimento alla proposizione di separate domande per il risarcimento di danni alle cose ed alle persone causati da un sinistro stradale, che la sola maggiore speditezza di trattazione della controversia concernente i danni alle cose non giustifica la proposizione di domande separate (Sez. 3, Sentenza n. 8530 del 6/5/2020)“.
Rammenta inoltre che: “in tema di abusivo frazionamento del credito le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito principi così riassumibili: a) non è consentito frazionare la domanda di risarcimento dei danni causati da un fatto illecito; tutti i danni vanno perciò richiesti nel medesimo giudizio; b) nel caso di proposizione di giudizi differenti, aventi ad oggetto il risarcimento di danni diversi causati dal medesimo fatto illecito: b’) la domanda proposta per seconda è improponibile, se al momento della sua introduzione è ancora pendente il primo giudizio e questo non possa essere riunito all’altro; b”) la domanda proposta per seconda è inammissibile, se al momento della sua introduzione il primo giudizio si è concluso con sentenza passata in giudicato (Sez. U, Sentenza n. 7299 del 19/3/2025, passim, ma spec.te par. 10.1). Nel caso di specie è lo stesso ricorrente a dichiarare che nessun giudicato si sia formato. Tale dichiarazione vincola questa Corte a ritenere operante l’ipotesi sub (b’) di cui al par. che precede. Infatti questa Corte non potrebbe superare d’ufficio una dichiarazione contra se della parte, ostandovi l’art. 2732 c.c. Se poi, prescindendo da tale “infortunio” del ricorrente, si ammettesse che sulla domanda proposta per prima si sia formato il giudicato, quella proposta per seconda sarebbe inammissibile, alla luce del principio di cui al par. precedente, punto (b”). Un cenno a parte merita la giurisprudenza di questa Corte invocata dal ricorrente, e cioè la decisione di Sez. 3, Ordinanza n. 12140 del 22/6/2020. È vero che in quella decisione si afferma che “il presupposto per potere applicare il divieto di frazionamento del credito è costituito dal passaggio in giudicato della decisione concernente la prima domanda“. È tuttavia del pari vero che quella decisione, rimasta isolata, si fonda su un evidente qui pro quo. Essa infatti non ha motivato la suddetta affermazione in altro modo che richiamando il precedente di Sez. 6 – L, Ordinanza n. 26089 del 15/10/2019 (peraltro erroneamente indicata come “Cass. 26089/18”). Ma quest’ultima decisione non affermò affatto il principio di diritto che la Cass. 12140/20 ritenne di attribuirle. La Cass. 26089/18 aveva ad oggetto un caso in cui un lavoratore dipendente, proclamandosi vittima di mobbing, convenne il datore di lavoro in due separati giudizi: nell’uno chiedendo il risarcimento del danno patrimoniale, nell’altro il risarcimento del danno non patrimoniale. Il secondo giudizio fu proposto dopo il passaggio in giudicato della sentenza conclusiva del primo. A fronte di questa fattispecie, la Cass. 26089/18 non affermò affatto che il divieto di frazionamento viene meno se sulla prima domanda si è formato il giudicato, ma un principio ben diverso e ovvio: ovvero che l’avvenuta formazione del giudicato precludeva l’esame, nel secondo giudizio, delle questioni già esaminate e decise nel primo“