I ricorrenti censuravano l’insufficiente liquidazione del danno biologico subito dalla minore, vantato iure hereditatis dagli eredi legittimi. La Corte di Cassazione (sentenza del 29 luglio 2025 n.21799 – dott. Marilena Gorgoni) ritiene fondata la critica avverso la statuizione con cui la Corte territoriale ha ritenuto congrua la liquidazione del danno biologico terminale operata dal Tribunale. Detto danno era stato liquidato in base al criterio tabellare della invalidità temporanea per il biologico temporaneo, ma assumendo in via equitativa un valore maggiore rispetto ai parametri delle Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano sul danno da inabilità temporanea assoluta, proprio in ragione della gravità del danno terminale: non quelle però del 2018, perché esse nel valore del punto comprendevano sia il danno biologico terminale che il danno morale terminale. Il Tribunale era pervenuto così alla liquidazione di Euro 15.000,00 a titolo di danno biologico terminale (euro 1.000,00 al giorno per 15 giorni).
Ad avviso del Collegio: “Si tratta di una liquidazione meramente simbolica. Il danno biologico terminale è considerato un danno temporaneo, ma massimo per entità ed intensità, la cui liquidazione non può che avvenire equitativamente, anche ricorrendo alle tabelle in uso presso taluni uffici giudiziari di merito e, in particolare, del Tribunale di Milano individuato quale autore di un metodo di liquidazione tra i più diffusi sul territorio nazionale, a condizione tuttavia che il giudice non manchi di considerare le caratteristiche peculiari di questo pregiudizio, perché la lesione della salute è di grado così elevato da non essere suscettibile di alcun recupero e da esitare nella morte; lo stato di invalidità è destinato a evolversi non già verso la guarigione o la cronicizzazione dei sintomi (e, dunque, a trasformarsi in inabilità permanente), bensì nella definitiva soppressione dell’organismo come conseguenza causalmente collegata all’incidenza della stessa invalidità considerata; il che implica che la dimensione di temporaneità assume un connotazione ben diversa rispetto a quella che viene presa in considerazione per definire il danno biologico destinato ad evolvere verso un “futuro di riacquistata pienezza o di adattamento a nuove e diverse (peggiorate) condizioni di salute”; in questo caso la temporaneità non è in relazione “con alcuna prospettiva futuribile della vittima, finendo col contrassegnare la sola identità di una sofferenza che persiste immutata (se non ingravescente)”; i fattori della personalizzazione debbono valere in grado assai elevato, di conseguenza detto danno biologico terminale non può essere liquidato “attraverso la meccanica applicazione di criteri contenuti in tabelle che, per quanto dettagliate, nella generalità dei casi sono predisposte per la liquidazione del danno biologico o delle invalidità, temporanee o permanenti, di soggetti che sopravvivono all’evento dannoso“(Cass. 17/12/2024, n. 33009)“