La Corte di Cassazione (sentenza del 4 agosto 2025 n. 22456) rigetta la tesi, avanzata dalla ricorrente azienda sanitaria, per cui non avrebbe potuto essere tenuta al risarcimento in quanto la colpa grave del medico avrebbe interrotto il rapporto di immedesimazione organica. Richiama sul punto la decisione delle SS.UU. nr. 13246/2019 che: “pacificamente ammette la responsabilità dell’Ente se il dipendente agisce nell’ambito dei compiti istituzionali, purché la sua condotta sia legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri che esercita o di cui è titolare, nel senso che la condotta illecita dannosa – e, quale sua conseguenza, il danno ingiusto a terzi – non sarebbe stata possibile, in applicazione del principio di causalità adeguata ed in base ad un giudizio controfattuale riferito al tempo della condotta, senza l’esercizio di quelle funzioni o poteri che, per quanto deviati o abusivi od illeciti, non ne integrino uno sviluppo oggettivamente anomalo“.
Il Collegio poi rammenta che l’obbligo di manlevare e tenere indenne il medico è rinvenibile anche ex artt. 1218,1228 cc, D.P.R. 3/57, nonché dall’art. 3L. 189/12 successivamente intervenuto sul tema (legge Balduzzi). Richiama la giurisprudenza (Cass. sent. 28987/2019) che ha espresso il principio per cui “….nel regime anteriore alla legge n. 24 del 2017, nel rapporto interno tra la struttura sanitaria e il medico, la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusiva di quest’ultimo deve essere ripartita in misura paritaria secondo il criterio presuntivo degli artt. 1298, comma 2, e 2055, comma 3, cod. civ., in quanto la struttura accetta il rischio connaturato all’utilizzazione di terzi per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale….“. È stato pure precisato che, nel rapporto interno tra la struttura e il medico, la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusiva di quest’ultimo deve essere ripartita in misura paritaria secondo il criterio presuntivo degli artt. 1298, comma 2, e 2055, comma 3, c.c., atteso che, diversamente opinando, la concessione di un diritto di regresso integrale ridurrebbe il rischio di impresa, assunto dalla struttura, al solo rischio di insolvibilità del medico convenuto con l’azione di rivalsa, e salvo che, nel relativo giudizio, la struttura dimostri, oltre alla colpa esclusiva del medico rispetto allo specifico evento di danno sofferto dal paziente, da un lato, la derivazione causale di quell’evento da una condotta del sanitario del tutto dissonante rispetto al piano dell’ordinaria prestazione dei servizi di spedalità e, dall’altro, l’evidenza di un difetto di correlate trascuratezze, da parte sua, nell’adempimento del relativo contratto, comprensive di omissioni di controlli atti ad evitare rischi dei propri incaricati (Cass. n. 29001 del 20/10/2021 e Cass. n. 34516 del 11/12/2023)“