Un’anziana, riconosciuta giudizialmente invalida al 100%, perché affetta da demenza senile con gravi turbe di comportamento e parkinsonismo, era affidata ad una casa di riposo, a fronte del pagamento di una retta mensile. Durante la permanenza presso la suddetta casa di riposo, era scomparsa e, dopo ricerche, era stata trovata, il pomeriggio del giorno successivo, a 600 metri di distanza dalla struttura, deceduta per assideramento.
La figlia formulava richiesta di risarcimento contro la struttura ed il Tribunale accoglieva la domanda, con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare: a) la struttura si era impegnata, con contratto atipico di spedalità, alla cura sanitaria e salvaguardia della persona, non incidendo, l’eventuale stato d’incapacità d’intendere e volere, sulla sussistenza di tali obblighi, bensì solo sulle relative modalità; b) le difformi clausole del regolamento della Casa di riposo non potevano escludere obblighi nascenti dalla conoscenza dello stato fisico dell’assistita, affetta in specie da Alzheimer, tanto più in quanto la permanenza durava da un anno e otto mesi; c) la prevedibilità di condotte come quella che aveva portato alla scomparsa e poi la morte.
La Corte di Cassazione (sentenza del 29 settembre 2025 n. 26320) ha confermato la decisione, rilevando che il giudice di merito: “ha con chiarezza affermato, in coerenza con quanto statuito dal Tribunale, che si è trattato di responsabilità della struttura per fatto proprio, derivante infatti dal perfezionato contratto atipico di spedalità, che doveva ritenersi includere gli obblighi di vigilanza, non ostandovi le inefficaci previsioni regolamentari interne né le dichiarazioni della figlia all’ingresso della madre, indicata come parzialmente autosufficiente e non pericolosa per gli altri, nella casa di riposo, posta la necessaria conoscenza da ritenere emersa in fatto e consolidatasi nel corso della non breve permanenza, dell’assistita, senza che fossero intervenute, all’esito, richieste di modifica del rapporto contrattuale da parte dei gestori del gerocomio; tale responsabilità è stata correttamente ritenuta nei visti termini, dovendo qualificarsi, in iure, la condotta della persona dipendente a mezzo della quale l’ente agisce, ai sensi dell’art. 1228, cod. civ. (cfr., sul punto, Cass., 11/11/2019, n. 28987, specie pag. 6 e seguenti, di portata ricostruttiva generale, e succ. conf.)“;