La Corte di Cassazione (sentenza del 6 ottobre 2025 n. n.26826 – Pres. dott. Travaglino – Rel. dott. Cricenti) ritiene corretta la decisione della Corte di Appello di utilizzare, quale parametro risarcitorio, le tabelle di Milano, facendo: “doverosa applicazione di una giurisprudenza di legittimità costantemente e univocamente orientata, ampiamente motivata, ed ormai ultradecennale (alla quale non può che darsi ulteriore continuità), i cui principi non appaiono in alcun modo scalfiti da un’unica, distonica e assai sinteticamente motivata pronuncia recente di questa sezione (Cass. n. 24349 del 2025, ove si opina essere “del tutto evidente – nonostante una giurisprudenza l’abbia affermato, ma senza alcuna oggettiva base, suscitando da ultimo un intervento specifico del legislatore che non poteva essere supplito – che le c.d. tabelle milanesi, come quelle di qualunque altro Foro, non hanno alcun valore normativo, non provenendo da un soggetto dotato di potestà legislativa e/o regolamentare: si tratta, in effetti, di una mera proposta di usualità equiparativa“).
E pare proprio ques’ultima decisione della Corte di Cassazione ad essere il vero oggetto del Collegio. Evidente è l’intento e l’urgenza degli Ermellini di sgomberare il campo (ove si deciderà il recente rinvio di pregiudizialità operato dal Tribunale di Milano: https://studiolegalepalisi.com/2025/10/13/lestensione-retroattiva-della-tun-al-vaglio-della-corte-di-cassazione/) da una simile quanta ingiustificata pronuncia (non rappresentante della posizione della Terza Sezione), riaffermando la priorità della tabella milanese, chiamata a concludere il proprio compito storico di supplenza in ordine a tutte le posizioni originatesi prima dell’entrata in vigore della nuova Tabella Unica Nazionale. Ed invero il Collegio afferma che: “la giurisprudenza” che l’avrebbe affermato “senza alcuna oggettiva base” è rappresentata da molte decine di pronunce (da ultimo, Cass. Sez. lavoro 16/03/2025, n.6981: nel solo anno 2024 se ne contano 9; tra le numerosissime altre, funditus, Cass. 25164/2020) che prendono tutte lo spunto dalla fondamentale sentenza 12408/2011, volta a porre fine a una ormai intollerabile anarchia risarcitoria che pervadeva la giurisprudenza di merito di questo Paese.
Si affermarono così, con alto livello di approfondimento e di consapevolezza della questione, il principio secondo il quale l’equità va intesa anche come parità di trattamento, onde la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell’integrità psico-fisica presuppone l’adozione da parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi, da individuarsi in quelli tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano, da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto; il principio secondo il quale, allorché si lede l’integrità psicofisica di una persona, arrecandole anche un danno non patrimoniale, si incide negativamente su diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, di tal che, ritenute la marcata, frequentissima disparità e l’empirismo dei metodi di riferimento, di valutazione e di liquidazione riscontrabili nella giurisprudenza di merito, ritenute le pletoriche, accentuate varietà e le non lievi divergenze riscontrabili, finora, in seno ai cd. valori tabellari, ritenuta la sussistenza, anche a parità di condizioni, di una giurisprudenza diversificata per zone territoriali, con violazione dei principi di uguaglianza, di equità, di certezza del diritto, con incremento della litigiosità e del contenzioso e con notevole, inaccettabile casualità delle aspettative e delle risultanze risarcitorie, a tutto discapito anche della necessaria c.d. morigeratezza processuale, ritenute le controindicazioni che tarano negativamente le varie medie aritmetiche adottate, ritenuta la carenza, finora, di una tabella unica di riferimento e di valutazione per la stima e la quantificazione del danno non patrimoniale e del correlativo risarcimento, ritenuto l’ineludibile ruolo nomofilattico assegnato, istituzionalmente, alla S.C.C., ritenuta la plausibilità e l’attendibilità, sotto ogni punto di vista, delle tabelle di riferimento e valutazione elaborate dal Tribunale di Milano e caratterizzate dall’adozione articolata di criteri uniformi e più diffusi sul territorio nazionale, ebbene, quanto sopra ritenuto e premesso, sono comunemente applicabili e vincolanti, de futuro, perché valide ed attendibili, le sole tabelle milanesi, potendo il giudice e l’interprete discostarsene solo con esplicita, adeguata, esaustiva motivazione imposta dagli elementi e dalle circostanze del singolo caso.
È del tutto evidente che tali principi, costantemente riaffermati dalla giurisprudenza di questa Corte, conservano intatta la loro persuasività e la loro forza esplicativa, giuridica e non, anche all’indomani dell’emanazione, da parte del governo, delle c.d. TUN, a distanza di vent’anni dalla data prevista dal codice delle assicurazioni, restando conseguentemente intatta la ratio della relativa necessità applicativa per tutte le altre fattispecie di danni, diversi da quello alla salute, puntualmente previste dalle tabelle milanesi.
Di tutto ciò è prova il costante riferimento, e la altrettanto costante, proficua interlocuzione della Corte di legittimità con l’organo deputato all’elaborazione delle tabelle milanesi -interlocuzione, sia pur indiretta, di cui è prova proprio la sentenza 26300/2021 (e, prima ancora, la pronuncia 10579/2021) che stigmatizzò l’inadeguatezza della tabella milanese con riguardo al danno parentale per mancanza di parametri (era prevista, all’epoca, soltanto una liquidazione cd. “a forbice”). Adeguandosi a tali pronunce, nel maggio del 2022 l’Osservatorio meneghino licenziò le nuove tabelle integrate a punti, ricevendo, in tutte le pronunce successive di questa stessa Corte, una rinnovata e incontestata legittimazione, a riprova che i principi della sentenza del 2011 estendevano la loro preziosa portata ben oltre la fattispecie del danno biologico.
Definitiva conferma della attualità e della necessità che i giudici di merito continuino ad applicare le tabelle di Milano si ricava dalla lettura del recente provvedimento del primo Presidente di questa Corte (del cui contenuto non è traccia alcuna nella citata ordinanza 24349/2025) che, ritenendo ammissibile il quesito pregiudiziale posto proprio dal Tribunale di Milano circa l’applicazione retroattiva delle TUN, ovvero, in alternativa, delle tabelle milanesi, osserva, in premessa: il Tribunale di Milano, con ordinanza del 18 luglio 2025 n. 4915, ha sollevato la questione pregiudiziale, ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c., sul “se, in relazione alla controversia sub judice, relativa ad una domanda risarcitoria di danno alla salute superiore al 9% derivante da sinistro della circolazione stradale avvenuto prima del 5.03.2025, tenuto conto della sopravvenuta emanazione del D.PR. n. 12/2025 in vigore dal 5 marzo 2025, che ha approvato la T UN. (Tabella Unica Nazionale) ex art. 138 Codice delle Assicurazioni Private, il giudice: 1) in conformità con gli assunti della sentenza Cass. n. 12408/2011 (poi ribaditi nella sentenza Cass., n. 10579/2021), per non incorrere nel vizio di violazione di legge, deve continuare ad applicare la Tabella per la liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute approvata dall’Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano (ad oggi le Tabelle milanesi Edizione 2024), che ha acquistato una sorta di efficacia para-normativa, “quale parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli arti. 1226 e 2056 cod. civ.”; 2) oppure, per non incorrere nel vizio di violazione di legge, dovrà necessariamente applicare la TUN., avendo questa assunto, dopo l’emanazione del D.PR. n. 12/2025, valenza, in linea generale, di nuovo parametro di conformità della valutazione equitativa del danno non patrimoniale da lesione del bene salute alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c.; 3) oppure, con adeguata motivazione, sarà libero di applicare, in tutto o in parte, la TUN, ovvero la Tabella per la liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute approvata dall’Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano (Edizione 2024), in base alle peculiarità della fattispecie concreta”.
Il Primo Presidente della Corte di Cassazione, con provvedimento reso in data 16/9/2025, ha ritenuto sussistenti le condizioni di cui all’art. 363 bis c.p.c. per dichiarare ammissibile il rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Milano, ed ha assegnato la questione alla Terza Sezione Civile, cui è demandato il quesito relativo alla applicabilità/inapplicabilità retroattiva delle TUN rispetto alle tabelle dell’Osservatorio del Tribunale di Milano, così confermandosi implicitamente la costantemente predicata valenza paranormativa di dette tabelle (e non di altre), e tantomeno la cancellazione del principio di equità attraverso una sorta di irresponsabile legittimazione del giudice di merito a pronunciare sentenze del tutto avulse dall’applicazione di parametri predeterminati.
Orbene a fronte del richiamo dei principi su cui si fonda la “forza” della tabella milanese, è evidente, anche se rimane evidentemente sotto traccia per il doveroso rispetto al Primo Presidente, il motivo che dovrebbe fondare una soluzione negativa alla questione relativa all’irretroattività della TUN. Le tabelle di Milano, in quanto frutto di una lunga, ponderata e corretta elaborazione di equità giurisprudenziale non potrebbero essere soppiantate dalla singola valutazione del giudice (che indirettamente invoca i valori della TUN). Tale operazione infatti non sarebbe sufficientemente motivata. La TUN andrà sì applicata, ma solo perché è una legge (quindi nei termini temporali previsti dal dettato della stessa), ma non certo perché esprime un’altrettanto consolidata valutazione equitativa (molti sono state le riserve, mai completamente risolte sui criteri di sua formazione), certamente non paragonabile al rigore delle tabelle milanesi. Se quindi un giudice intenderà disapplicare le tabelle di Milano per un caso nel quale non è ancora applicabile temporalmente la TUN non potrà semplicemente richiamare la previsione normativa ritenendola espressione di equità, in quanto in tale campo, risulta prioritaria ancora l’applicazione delle previsioni giurisprudenziali milanesi canonizzate nel tempo.