Il ricorrente censurava la sentenza della Corte di Appello per avere negato il riconoscimento dell’importo dovuto a titolo di integrale ristoro del danno non patrimoniale, con particolare riguardo al danno morale. Nel liquidare il danno non patrimoniale a favore del danneggiato, la Corte di Appello aveva infatti statuito che nell’importo liquidato per aumento di “personalizzazione” doveva ricomprendersi anche l’incidenza del danno morale.
La Corte di Cassazione (sentenza del 6 ottobre 2025 n.26775 – relatrice dott. Stefania Tassone) ritiene che la la motivazione resa dalla Corte d’Appello, pur graficamente esistente, non lascia comprendere l’iter logico-giuridico seguito per approdare ad una parziale riforma della sentenza impugnata. Nel merito della questione, il Collegio ricorda che: “per ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, rispetto al danno biologico, la liquidazione del danno morale conserva piena autonomia (Cass., 24/07/2024, n. 20661; Cass., n. 4878/2019), trattandosi di voci di danno risarcibile aventi diversa natura (Cass., 22/03/2024, n. 7892). Varrà, altresì, considerare che, mentre il danno biologico è un danno avente base organica, che consiste in alterazioni funzionali dell’organismo suscettibili di essere documentate da rilievo medicolegali e si traduce in un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, diversamente, il danno morale è un pregiudizio non soggetto a riscontri medici, inerendo ad una sofferenza che si dispiega nel foro interno del danneggiato e che ivi si arresta. Il danno morale, infatti, consiste in uno stato d’animo di sofferenza interiore che prescinde dalle vicende dinamico relazionali della vita del danneggiato – che, tuttavia, può pure influenzare – e si caratterizza, fenomenologicamente, in esperienze soggettive come il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione (tra le altre: Cass., n. 7513/2018; Cass., n. 9006/2022). Pertanto, ove dedotto e provato, il danno morale deve formare oggetto di separata valutazione ed autonoma liquidazione rispetto al danno biologico in quanto, nella liquidazione dell’importo complessivo del risarcimento, è necessario assicurare l’integralità del risarcimento, avendo riguardo a tutti gli aspetti non patrimoniali e reddituali su cui incide l’illecito, senza, però, incorrere in duplicazioni risarcitorie. È necessario, pertanto, che il giudice del merito dia adeguatamente conto in motivazione dei pregiudizi concretamente inflitti ai diversi aspetti della persona che si intendono valorizzare ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale e a quale titolo si intenda farlo: se di danno biologico o di danno morale.
Sotto altro profilo, costante è l’orientamento di legittimità per cui “in tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, la misura “standard” del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato negli uffici giudiziari di merito (nella specie, le tabelle milanesi) può essere incrementata dal giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, solo in presenza di conseguenze anomale o del tutto peculiari (tempestivamente allegate e provate dal danneggiato), mentre le conseguenze ordinariamente derivanti da pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età non giustificano alcuna “personalizzazione” in aumento (Cass., 06/03/2025, n. 5984; Cass., n. 31681/2024). Per altro verso ancora, questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato che, qualora il giudice scelga di applicare i parametri delle Tabelle del Tribunale di Milano, la personalizzazione del risarcimento non può discostarsi in difetto dalla misura minima, né esuberare da quella massima ivi prevista senza dar conto nella motivazione di una specifica situazione, diversa da quelle già considerate come fattori determinanti la divergenza tra il minimo e il massimo, che giustifichi la decurtazione o l’aumento (Cass., 14/11/2019, n. 29495; Cass., 29/05/2019, n. 14746; Cass., 23/02/2016, n. 3505).
Orbene, è sotto questi distinti profili, relativi a voci di danno risarcibile tra loro differenti, la Corte ritiene che il giudice di merito: “avrebbe dovuto argomentare, assolvendo ad un preciso onere motivazionale, che deve essere orientato a dare evidenza alla fenomenologia dei pregiudizi patiti dal danneggiato – e che, in quanto tale, risponde ad una funzione essenziale, soprattutto in considerazione del fatto che, come detto, la liquidazione di una tipologia di danno non esclude l’altra, ben potendo esse coesistere. Nel caso di specie risulta che, a fronte delle censure svolte in appello in ordine al mancato integrale riconoscimento del danno non patrimoniale alla allora minore Pe.Ma., con particolare riferimento al danno morale, la corte territoriale ha invece del tutto omesso di considerare questa voce risarcitoria, salvo menzionarla nell’inciso “in ragione della particolare incidenza del danno morale”, che tuttavia, nel contesto della motivazione resa, non assume alcun logico significato“