La Corte di Cassazione (sentenza del 5 ottobre 2025 n.26747) torna a specificare i principi posti alla base della quantificazione del danno non patrimoniale, affermando la necessità che il giudice dia conto delle ragioni della scelta liquidativa, così da apparire motivata e logica.
A tale effetto il Collegio osserva come: “secondo risalente e consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, diversamente che per quello patrimoniale, del danno non patrimoniale il ristoro pecuniario non può mai corrispondere alla relativa esatta commisurazione, imponendosene pertanto la valutazione equitativa (v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972, cit.; Cass., 31/05/2003, n. 8828; e già Cass., 05/04/1963, n. 872. Cfr. altresì Cass., 10/06/1987, n. 5063; Cass., 11/07/1977, n. 3106), tale da determinare “la compensazione economica socialmente adeguata” del pregiudizio, quella che “l’ambiente sociale accetta come compensazione equa” (in ordine al significato che nel caso assume l’equità v. Cass., 07/06/2011, n. 12408), subordinata alla dimostrata esistenza di un danno risarcibile certo (e non meramente eventuale o ipotetico: cfr. Cass., 8/7/2014, n. 15478; e già Cass., 19/6/1962, n. 1536) ed alla circostanza dell’impossibilità o estrema difficoltà di prova nel suo preciso ammontare (v. Cass., 24/5/2010, n. 12613), in modo da comunque escludere che il danno non patrimoniale venga ad essere liquidato in termini puramente simbolici o irrisori, o comunque non correlati alla sua effettiva natura ed entità (v. Cass., 12/5/2006, n. 11039; Cass., 11/1/2007, n. 392; Cass., 11/1/2007, n. 394).
Risulta pertanto fondamentale che, qualunque sia il sistema di quantificazione prescelto, esso si prospetti idoneo a consentire di pervenire ad una valutazione informata ad equità, e che il giudice dia adeguatamente conto in motivazione del processo logico al riguardo seguito, indicando i criteri assunti a base del procedimento valutativo adottato (v. Cass., 30/5/2014, n. 12265; Cass., 19/2/2013, n. 4047; Cass., 6/5/2009, n. 10401), al fine di consentire il controllo di relativa logicità, coerenza e congruità (v. di recente, in tema di non patrimoniale subito da un ente territoriale a causa dell’infedele esercizio delle funzioni di un proprio organo, Cass., n. 28429/2023, per cui: “Ai fini della liquidazione di un danno non patrimoniale… è necessario che il giudice di merito proceda, dapprima, all’individuazione di un parametro di natura quantitativa, in termini monetari, direttamente o indirettamente collegato alla natura degli interessi incisi dal fatto dannoso e, di seguito, all’adeguamento quantitativo di detto parametro monetario attraverso il riferimento a uno o più fattori necessariamente caratterizzati da oggettività, controllabilità e non manifesta incongruità (né per eccesso, né per difetto), idonei a consentire a posteriori il controllo dell’intero percorso di specificazione dell’importo liquidato).
Poiché, quindi, il giudice di merito deve dar conto dei criteri posti a base del procedimento di individuazione e specificazione del risarcimento, da liquidare nella maniera più conforme possibile al caso concreto (v. anche Cass., 06/05/2020, n. 8508), si è in particolare precisato che l’omessa o erronea applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano – che, beninteso, siano state invocate nel giudizio di merito – può essere fatta valere, in sede di legittimità, come violazione dell’art. 1226 cod. civ., costituendo le stesse parametro di conformità della valutazione equitativa alla disposizione di legge (v. Cass., n. 27562 del 21/11/2017, Rv. 646644 – 01), ovvero che in materia di danno non patrimoniale, i parametri delle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano sono da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del predetto danno, ovvero quale criterio di riscontro e verifica della liquidazione diversa alla quale si sia pervenuti in base ad altri criteri (così Cass., 02/12/2021, n. 38077)“.