La Corte di Cassazione, con due sentenze emesse in stretta successione (una il 4 ottobre 2025 n. 26723 e la seconda il 3 ottobre 2025 n.26656) torna sulla questione del mancato utilizzo delle cinture di sicurezza da parte del trasportato, confermando l’obbligo sussistente in capo al conducente del veicolo di garantire il trasporto in condizioni di sicurezza. Ed invero, rammentando il proprio precedente orientamento, precisa che: “il concorso di colpa della vittima nella causazione del danno da essa sofferto va determinato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1227, comma 1, cod. civ., mediante la comparazione della colpa della vittima con quella dell’offensore e la valutazione, in via ipotetica e con giudizio controfattuale, di quale tra le due sia stata più grave in riferimento all’altra e di quale tra le due condotte colpose abbia apportato il contributo causale prevalente rispetto all’avverarsi del danno” (Cass., 04/09/2024, n. 23804; Cass., 25/01/2024, n. 2433). In particolare, poi, in tema di mancato uso delle cinture di sicurezza, è stato ripetutamente affermato che il conducente è tenuto a controllare, prima di iniziare o proseguire la marcia, che questa avvenga in conformità delle normali regole di prudenza e di sicurezza, esigendo che il trasportato indossi la cintura di sicurezza (Cass., n. 9760/2021; Cass., n. 4993/2004; Cass., 10/06/2020, n. 11095). Ne deriva, pertanto, che l’omesso uso delle cinture di sicurezza del trasportato non è causa esclusiva del danno, ma concorrente alla condotta colposa nella conduzione del veicolo; e di detta concausa risponde, oltre al trasportato, anche il conducente”. Il Collegio a tale proposito rileva che: “nell’impugnata sentenza – che ha accertato la dinamica del sinistro nel senso che il conducente del veicolo ne aveva perso il controllo, finendo fuori strada e rovinando in un fossato – la corte di merito, nell’addebitare alla danneggiata trasportata il concorso di colpa nella misura del 90 %, ha svolto una motivazione esclusivamente incentrata sul mancato utilizzo delle cinture di sicurezza da parte della stessa, pertanto senza effettuare alcuna comparazione tra la condotta della danneggiata e quella del conducente e senza prendere in considerazione i summenzionati principi di diritto, in tema di responsabilità del conducente per la messa in circolazione di un veicolo in condizioni di insicurezza a causa della presenza a bordo di un trasportato privo delle cinture di sicurezza allacciate“.
E’ evidente che tale obbligo di protezione non può sussiste in capo al conducente del veicolo antagonista, sul quale non è trasportato il passeggero privo di cintura. Così la Corte di Cassazione (con la sentenza del 3 ottobre 2025 n.26656) rileva che: “l’odierno ricorrente ebbe a radicare il giudizio risarcitorio non nei confronti del proprietario e del conducente del veicolo a bordo del quale egli viaggiava, bensì nei riguardi solo del proprietario/conducente del veicolo antagonista, nonché del suo assicuratore per la “RCA”. Non trova, dunque, applicazione la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, “qualora la messa in circolazione dell’autoveicolo in condizioni di insicurezza (e tale è la circolazione senza che il trasportato abbia allacciato le cinture di sicurezza), sia ricollegabile all’azione o omissione, non solo del trasportato, ma anche del conducente (il quale prima di iniziare o proseguirla la marcia deve controllare che essa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza e sicurezza), fra costoro si è formato il consenso alla circolazione medesima con consapevole partecipazione di ciascuno alla condotta colposa dell’altro ed accettazione dei relativi rischi; pertanto si verifica un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione nell’azione produttiva dell’evento (diversa da quella in cui distinti fatti colposi convergano autonomamente nella produzione dell’evento)” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 10 giugno 2020, n. 11095, Rv. 658149-01). Solo in tale situazione, quindi, “a parte l’eventuale responsabilità verso terzi ex art. 2054 cod. civ., deve ritenersi risarcibile, a carico del conducente del suddetto veicolo e secondo la normativa generale degli artt. 2043,2056,1227 cod. civ., anche il pregiudizio all’integrità fisica che il trasportato abbia subito in conseguenza dell’incidente, tenuto conto che il comportamento dello stesso, nell’ambito dell’indicata cooperazione, non può valere ad interrompere il nesso causale fra la condotta del conducente ed il danno, né ad integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di diritti indisponibili” (Cass. Sez. 3, ord. n. 11095 del 2020, cit.; nello stesso già, tra le altre, Cass. Sez. 3, sent. 14 marzo 2017, n. 6481, Rv. 643408-01; Cass. Sez. 3, sent. 13 maggio 2011, n. 10526, Rv. 618201-01). Diversa è, però, la presente fattispecie, giacché – come si notava – la pretesa risarcitoria s’indirizza solo nei confronti del proprietario/conducente del veicolo antagonista, unico convenuto in giudizio; sicché ben può verificarsi, in questo caso, che la condotta colposa ascritta allo stesso danneggiato, e consistita nel mancato uso della cintura di sicurezza (condotta alla quale il convenuto è rimasto, per definizione, estraneo), possa esaurire l’intera efficienza causale del danno subito, a condizione che sia dimostrato – in base ad un accertamento di fatto, non sindacabile in questa sede – che l’impiego di tale strumento di protezione avrebbe neutralizzato le conseguenze del sinistro“