La Corte di Cassazione (sentenza del 3 ottobre 2025 n.26670) richiama il principio (ripetutamente affermato) secondo cui: “in caso di investimento di un pedone, per superare la presunzione di responsabilità che l’art. 2054, comma 1, cod. civ. pone a carico del conducente del veicolo investitore nella misura del 100% (così, da ultimo, Cass. Sez. 6-3, ord. 28 gennaio 2019, n. 2241, Rv. 652291-01), è necessaria la dimostrazione, da parte del medesimo, che “l’improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia” abbia “reso inevitabile l’evento dannoso” (Cass. Sez. 3, sent. 11 giugno 2010, n. 14064, Rv. 613405-01; Cass. Sez. 3, sent. 18 ottobre 2001, n. 12751, Rv. 549738-01; Cass. Sez. 3, sent. 27 novembre 1998, n. 12039, Rv. 521162-01; Cass. Sez. 3, sent. 16 giugno 1998, n. 5983, Rv. 516500-01; Cass. Sez. 3, sent. 17 aprile 1997, n. 3309, Rv. 503758-01; Cass. Sez. 3, sent. 29 luglio 1993, n. 8451, Rv. 483364-01; Cass. Sez. 3, sent. 27 aprile 1990, n. 3554, Rv. 466896-01)“
Nel caso posto alla sua specifica valutazione , il Collegio rileva però che: “è stata solo valutata l’incidenza che la condotta del pedone ha avuto, ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., ai fini dell’eventuale delimitazione del danno risarcibile, sicché tale circostanza poteva – o meglio, doveva – essere apprezzata anche solo in termini di colpa (e non di imprevedibiità). Ciò che la Corte romana ha fatto dando rilievo alla violazione, non solo del comma 2 dell’art. 190 cod. strada (che fa carico a chi attraversi la strada, in assenza di strisce pedonali, di effettuare l’attraversamento, comunque, “con l’attenzione necessaria ad evitare situazioni di pericolo per sé o per altri”), ma pure del comma 5 del medesimo articolo, norma a mente della quale i pedoni che si accingono ad attraversare la carreggiata in zona sprovvista di attraversamenti pedonali devono dare la precedenza ai veicoli. Si legge, infatti, nella sentenza impugnata che il pedone, stante “la contingente situazione ambientale (ora diurna, traffico normale, visibilità buona”, avrebbe dovuto in modo “agevole” avvedersi “del pullman che stava svoltando a destra a velocità estremamente ridotta”, ciò che, in uno con l’assenza delle strisce pedonali, gli imponeva “di attendere il momento più propizio prima di iniziare ad attraversare con la prudenza e attenzione, in concreto esigibili e nella specie mancate”, in particolare “dando la precedenza al pullman che a velocità ridotta aveva, oltretutto, quasi concluso la svolta a destra essendosi immesso per ben due terzi su via Pio IV”. Il “modus operandi” del giudice d’appello, dunque, risulta conforme a quanto affermato, di recente, da questa Corte, secondo cui, “in caso di investimento di un pedone, la lettura combinata dell’art. 2054 – che pone una regola nella quale la prevenzione è prevalentemente a carico del conducente del veicolo investitore – e dell’art. 1227 cod. civ. esige da parte del giudice di merito che si svolga uno specifico accertamento delle rispettive colpe in relazione alla particolarità del singolo caso in esame” (Cass. Sez. 3, ord. 25 gennaio 2024, n. 2433, Rv. 670063-01). D’altra parte, che la Corte capitolina avesse ben presente che quella del conducente del veicolo investitore è – ai sensi del comma 1 dell’art. 2054 cod. civ. – una responsabilità presunta, emerge con chiarezza dal testo della sentenza impugnata. Essa, infatti, afferma che Vi.Al.(o meglio, per esso la società assicuratrice del veicolo dal medesimo condotto) non ha superato “la presunzione iuris tantum di colpa che la citata norma pone a suo carico”, e ciò “non avendo assolto l’onere della prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno“




