La scelta dei coefficienti di capitalizzazione

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Il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe erronea in diritto, nella parte in cui ha confermato il criterio di capitalizzazione della rendita futura, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa specifica, utilizzato dal giudice di primo grado e fondato, tra l’altro, sul rendimento annuo del tasso dei B.T.P. trentennali, criterio proposto dall’Osservatorio per la giustizia civile presso il Tribunale di Milano già dal 2020 e in uso in diversi uffici giudiziari, in quanto ritenuto legittimo e scientificamente adeguato, al momento della decisione di primo grado, pur essendo sopravvenuto – benché solo dopo tale decisione – un nuovo “criterio tabellare”, sempre proposto dall’Osservatorio di Milano, in cui si indicava un diverso criterio di capitalizzazione, che si sostiene essere scientificamente preferibile e più favorevole all’attore.

Il giudice di primo grado aveva proceduto alla liquidazione del danno patrimoniale da perdita dei presumibili redditi futuri, sulla base della seguente motivazione: “quanto al modo in cui tale danno può essere liquidato a norma dell’art. 137/3 D.Lgs. 209/2005 – riferibile all’ipotesi in cui il danneggiato, come nel caso di specie, non sia titolare di un reddito monetario – il suddetto danno deve essere liquidato moltiplicando il valore pari al triplo della pensione sociale annua (criterio applicabile al caso di specie, anche a seguito di Cass. ord. 8896/2016) per un coefficiente di capitalizzazione, individuato tra quelli di maggior affidamento. A tal proposito, la Suprema Corte di Cassazione (vedi Cass. 20615/2015) ha escluso la possibilità di applicare i coefficienti di cui al R.D. 9 ottobre 1922, n. 1402, ormai obsoleti a causa dell’innalzamento dell’aspettativa di vita e dell’abbassamento dei saggi di interesse, pena una liquidazione parziale del danno; per contro ha affermato la libertà del Giudice di merito di adottare i coefficienti di capitalizzazione che ritiene preferibili, “purché aggiornati e scientificamente corretti”, come quelli in vigore per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali, oppure i coefficienti elaborati dalla dottrina per la specifica materia del risarcimento del danno aquilano (come quelli di cui all’Incontro di Studio del CSM tenuto in data 30 giugno – 1 luglio 1989 a Trevi). Si osserva però che le tabelle preconfezionate hanno un duplice inconveniente: da un lato sono riferite all’intera vita (media) dell’infortunato, tanto che si ovvia all’inconveniente, applicando al calcolo il cd. “scarto differenziale” tra vita fisica e vita lavorativa; dall’altro, il tasso di interesse legale (nel 2021 pari allo 0,05%) utilizzato al momento della loro creazione non corrisponde all’attuale evoluzione dei tassi di rendimento. Si decide pertanto di utilizzare una formula (proposta dall’Osservatorio di Milano sul Danno, nel febbraio 2020) che contempla direttamente i presumibili anni di minor reddito da lavoro, senza l’utilizzo di coefficienti di capitalizzazione che siano calcolati in base alla durata totale della vita, ed utilizzando come tasso di rendimento annuo quello dei BTP che abbiano una durata simile a quella da calcolare. Nel caso di specie, l’infortunato ha davanti a sé 43 anni di vita lavorativa (67-24); la pensione sociale minima, ad oggi, è di Euro 523,83 mensili (fonte INPS) e dunque, tenuto conto delle tredici mensilità, l’ammontare annuo della pensione sociale risulta di Euro 6.809,79, il cui triplo è pari ad Euro 20.429,37; va considerato un tasso di interesse (rendimento dei Btp a trent’anni, collocati nel dicembre 2022) al 3,86%. Si applica in definitiva la seguente formula 20.429,37*(1-(1+3,86%) ° -43)/3,86% = 423.406,63. Tale importo è però riferito ad un’incapacità totale di produrre reddito, mentre nel caso di specie, come abbiamo visto, l’infortunio inciderà in una percentuale pari al 50% sulla capacità di lavoro dell’infortunato. In definitiva si liquida per tale voce di danno la somma di Euro 423.406,63×0,50 = Euro 211.703,32“.

La statuizione della Corte d’Appello, che ha disatteso il gravame del ricorrente volto a contestare tale decisione, sull’assunto che, successivamente ad essa, lo stesso Osservatorio di Milano aveva indicato diversi criteri ai fini della capitalizzazione di una rendita futura, è motivata come segue: “l’applicazione del criterio suddetto non risulta tuttavia erronea e corrisponde ai parametri equitativi comunemente in uso al momento della pronuncia e non errati tecnicamente, per cui la mera sopravvenienza di nuove tabelle non normative più favorevoli in cui fra le varie metodiche indicate come potenzialmente valide, ne è poi stata scelta una diversa non pare giustificare la riforma del capo della sentenza, che non risulta viziato da errore o violazione di legge alcuna“. Lo stesso pubblico ministero, che ha chiesto l’accoglimento del motivo di ricorso in esame, sostiene, in sostanziale adesione agli assunti di parte ricorrente, che la decisione della Corte d’Appello violerebbe il principio per cui “il giudice d’appello nel risarcire il danno deve “utilizzare i parametri vigenti al momento della decisione, se questi sono mutati nelle more del giudizio” in quanto “la liquidazione effettuata sulla base di Tabelle non più attuali si risolverebbe, infatti, in una non corretta applicazione del criterio equitativo previsto dall’art. 1226 cod. civ.” (vedi ad esempio Cass. 29320/22; Cass. 21245/16 e Cass. 19387/16). Inoltre, in termini generali, vi è l’obbligo del giudice di merito di utilizzare “coefficienti aggiornati e scientificamente corretti” (vedi per tutte Cass. 16913/19 e Cass. 10499/17). Ebbene, nella specie, quelli adoperati dal Tribunale e confermati dalla Corte d’Appello alla luce delle nuove tabelle milanesi approvate nel 2023 risultavano non solo non aggiornati ma anche non scientificamente corrette, emergendo dalla relazione illustrativa delle nuove tabelle, che il criterio del tasso di rendimento dei BTP a trent’anni fosse “inattendibile” per essere detti tassi “gravemente influenzati da serie oscillazioni derivanti da congiunture anche di politica economica (vedi relazione Eibenstein)”. Laddove invece il criterio suggerito in dette nuove tabelle, ossia quello dei “tassi pluriennali reali di mercato correlati a rilevazioni periodiche e ufficiali di Enti di garanzia legati alle Autorità della UE”, fosse quello più stabile e attendibile”.

La Corte di Cassazione, con la sentenza del 3 novembre 2025 n.29054, rigetta la tesi prospettata del ricorrente e fatta propria dal pubblico ministero, rilevando che essa: “rappresenta una applicazione, condotta alle estreme conseguenze, di quello che è stato definito come una sorta di processo di “normativizzazione” delle cd. “tabelle milanesi” predisposte per la liquidazione del danno biologico, processo che si afferma avere avuto origine a partire da un arresto del 2011 di questa Corte (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12408 del 07/06/2011) e che, peraltro, è stato esso stesso oggetto di successive precisazioni che ne hanno più esattamente individuato e delimitato la effettiva portata. È stato, infatti, e quanto meno, dapprima esplicitamente chiarito che i criteri di cui alle suddette tabelle non hanno affatto valore normativo, ma possono assumere rilievo esclusivamente, ai sensi dell’art. 1226 c.c., come parametri per la valutazione equitativa del danno non patrimoniale alla persona (cfr. ad es. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4447 del 25/02/2014); si è, altresì, successivamente, avvertito che “in sede di legittimità, l’allegazione di avvenuta applicazione di una tabella diversa da quella milanese non è sufficiente “ex se” ad inficiare il corretto utilizzo, da parte del giudice, del criterio di liquidazione equitativa, dovendo la correlata denuncia essere accompagnata dall’esposizione delle ragioni che, in concreto, hanno determinato l’incongruo ricorso al criterio in parola” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 8884 del 13/05/2020; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 16924 del 19/06/2024). Nel caso di specie si pretenderebbe, in primo luogo, di estendere i principi sopra richiamati, che ravvisano la concretizzazione del parametro dell’equità in quello tabellare, anche al di là dell’ambito della liquidazione equitativa del danno biologico, applicandoli pure alla individuazione del criterio matematico da utilizzare per la capitalizzazione di una rendita futura, nel differente caso della liquidazione del danno patrimoniale da perdita di un reddito futuro. In particolare, poi, si invoca una ulteriore specificazione dell’indirizzo in questione, assumendosi, in sostanza, che, ai fini della liquidazione equitativa di qualunque tipologia di danno, rileverebbe sempre il “criterio tabellare milanese” più recente disponibile, anche se sopravvenuto alla decisione impugnata, come se si trattasse di un novum normativo applicabile retroattivamente al giudizio in corso, tanto da arrivare a giustificare finanche l’impugnazione di una decisione che abbia, del tutto correttamente, applicato il “criterio tabellare” più aggiornato esistente e disponibile al momento in cui essa è stata assunta, sulla base della pretesa dell’applicazione di un nuovo e diverso “criterio tabellare” più favorevole, benché solo successivamente sopravvenuto.

Si premette che, con riguardo alla questione dei criteri da utilizzare per la capitalizzazione anticipata di una rendita, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale da perdita di un reddito futuro, la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito che non può ritenersi soddisfacente l’utilizzazione delle tabelle di cui al R.D. n. 1403 del 1922, dovendo essere adottati criteri “di maggiore affidamento – in quanto aggiornati e scientificamente corretti -, quali, ad esempio, quelli approvati con provvedimenti normativi per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali ovvero quelli elaborati specificamente nella materia del danno aquiliano” (cfr., ex multis: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 16913 del 25/06/2019; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18093 del 31/08/2020; Sez. 3, Sentenza n. 9002 del 21/03/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 13727 del 02/05/2022), come del resto correttamente affermato dagli stessi giudici di merito.

L’utilizzazione del criterio di capitalizzazione di cui al R.D. n. 1403 del 1922, è stata, in effetti, ritenuta idonea esclusivamente nel caso in cui fossero adottati correttivi relativamente alla durata media della vita e ai tassi di interesse ritenuti adeguati (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15738 del 02/07/2010; Sez. 3, Sentenza n. 4186 del 02/03/2004; per la necessità di correzione dei coefficienti di capitalizzazione previsti dal R.D. n. 1403 del 1922, cfr. anche: Sez. 3, Sentenza n. 20615 del 14/10/2015; Sez. 3, Sentenza n. 10499 del 28/04/2017; Sez. 3, Sentenza n. 16913 del 25/06/2019). L’individuazione dei concreti parametri per l’adeguamento dell’aspettativa di vita e dei tassi di interesse, a correzione di quelli previsti dal R.D. n. 1403 del 1922, è, d’altra parte, da ritenersi integrare una valutazione di fatto, in applicazione di un criterio equitativo, incensurabile in sede di legittimità, in quanto sostenuta da adeguata motivazione (se non apparente né insanabilmente contraddittoria sul piano logico).

Tanto premesso, si osserva, innanzi tutto, che le “tabelle” (in particolare, quelle elaborate dall’Osservatorio sulla giustizia civile presso il Tribunale di Milano) sulla liquidazione del danno biologico, le quali traggono la loro prima origine da un “censimento delle prassi di liquidazione passate”, a fini di uniformità nella determinazione di un valore patrimoniale per compensare la lesione al bene della salute, hanno una natura radicalmente diversa, sul piano ontologico, dalla individuazione dei possibili criteri matematici da adottare ai fini della capitalizzazione anticipata di una rendita futura, indicazione che viene definita come “tabella” da parte del ricorrente, ma che in realtà costituisce esclusivamente un suggerimento offerto, da parte di un organismo senza alcuna autorità ufficiale (il già citato Osservatorio per la giustizia civile presso il Tribunale di Milano), relativamente al criterio scientifico di calcolo più opportuno da utilizzare per la “capitalizzazione anticipata di una rendita. Di conseguenza, anche il richiamo ai principi di diritto relativi al valore di “parametri per la valutazione equitativa del danno non patrimoniale alla persona, ai sensi dell’art. 1226 c.c.” dei criteri tabellari a tal fine predisposti dai vari organismi di osservazione delle prassi attivi presso gli uffici giudiziari non è in alcun modo utilizzabile in relazione alla presente, e del tutto differente, fattispecie, che riguarda la liquidazione di un danno patrimoniale e, segnatamente, l’individuazione dei criteri di calcolo da utilizzare per la capitalizzazione anticipata di una rendita futura.

In questo caso, il criterio utilizzato dal giudice del merito per la capitalizzazione anticipata della rendita, a differenza di quanto avviene per la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale alla persona, non si basa e non può basarsi sul censimento delle prassi di liquidazione passate, ma costituisce l’esito di una serie di accertamenti di fatto, conseguiti all’applicazione di criteri scientifici prognostici previamente determinati e non manifestamente implausibili in relazione alle cognizioni tecniche del tempo della decisione: accertamenti i quali stanno alla base, a loro volta, della individuazione della più congrua finale liquidazione equitativa del danno patrimoniale nel caso concreto.

L’effettivo “aggiornamento” di tale criterio e la sua adeguatezza scientifica, anche in relazione alle peculiarità del caso concreto, restano oggetto di una valutazione in fatto che sfocia poi in una valutazione equitativa, operazioni certamente tutte riservate al giudice del merito, il quale, ovviamente, non potrà che effettuarle sulla base dei dati scientifici disponibili, nel momento in cui adotta la decisione, e dei parametri da lui accertati come quelli più idonei a regolare la fattispecie concreta al suo esame. In tale ottica, le proposte provenienti dagli operatori, sia pure organizzati, ma in organismi istituzionalmente privi di poteri normativi, che propongano, aggiornino o modifichino l’indicazione di criteri ritenuti quelli preferibilmente da adottare per l’operazione di capitalizzazione, certamente non potrebbero determinare la impugnabilità, sotto il profilo della violazione di legge, e la riforma di decisioni di merito, corrette in fatto e in diritto al momento in cui sono assunte. D’altra parte, in linea generale, è arduo ammettere – sul piano logico e su quello giuridico – la possibilità di impugnare fondatamente una sentenza, corretta in fatto e conforme a diritto, nel momento in cui è emessa, per ragioni sopravvenute diverse da una eventuale modifica normativa immediatamente applicabile ai processi in corso.

La Corte di Cassazione poi sottolinea che: “alla base della liquidazione del danno patrimoniale da perdita di presumibili redditi futuri, rilevano necessariamente una serie di accertamenti di fatto, oltre che la specifica valutazione equitativa delle circostanze del caso concreto: si tratta, infatti, in primo luogo, di individuare la correttezza scientifica di determinate operazioni aritmetiche ed economiche, ma pur sempre con riguardo alle particolari circostanze della fattispecie concreta, le quali variano di caso in caso e, quindi, possono portare legittimamente a considerare appropriati, nelle singole ipotesi, criteri anche diversi tra loro, al contrario di quello che avviene per la liquidazione del danno biologico, laddove invece prevalgono, evidentemente, esigenze di uniformità di trattamento relativamente al valore della persona umana. Di conseguenza, va escluso in radice che, in relazione a tale specifico oggetto, si possa attribuire a cd. “tabelle” di carattere generale ed astratto, predisposte da organismi non legislativi, di qualunque natura, benché operanti presso organi giudiziari, un valore idoneo a concretizzare in ogni caso il parametro equitativo di cui all’art. 1226 c.c. Al contrario, l’unica valutazione consentita, in siffatta fattispecie, è quella ordinaria, possibile con riguardo agli accertamenti di fatto operati dal giudice adìto ed alla corretta specificazione dei non manifestamente implausibili elementi considerati ai fini della valutazione equitativa di cui all’art. 1226 c.c.”.

Nella specie, l’individuazione dei più appropriati coefficienti di capitalizzazione da utilizzare per il caso concreto in esame risulta argomentata dal giudice di primo grado sulla base di un’ampia motivazione, del tutto adeguata e priva di contraddizioni logiche; e i relativi criteri sono stati ritenuti dalla Corte d’Appello “corrispondenti ai parametri equitativi comunemente in uso al momento della pronuncia e non errati tecnicamente”, quindi, in sostanza, sia aggiornati che corretti scientificamente, con riguardo al caso concreto. A tale proposito il Collegio rileva che: “si tratta di un accertamento di fatto attinente al caso concreto, per di più alla base di una valutazione pur sempre equitativa, che senz’altro rientra nella sfera discrezionale riservata al giudice del merito, e sul quale, quindi, non potrebbero certo prevalere le considerazioni del tutto generali ed astratte contenute nella cd. “nuova tabella milanese”, sopravvenuta alla sentenza di primo grado, che affermano essere preferibile un diverso criterio di liquidazione per tutti i casi di capitalizzazione di una rendita futura. D’altra parte, è appena il caso di osservare che i criteri indicati nella cosiddetta “nuova tabella”, oltre ad essere astratti e, come tali, non necessariamente adeguati alla singola fattispecie concreta, risultano, nei loro stessi fondamenti scientifici, quanto meno opinabili e, anzi, sono stati oggetto di critiche anche serrate proprio sotto questo aspetto. Essi, quindi, certamente non potrebbero essere assunti, in quanto tali, come una specificazione in qualche modo vincolante del parametro dell’equità, ai sensi dell’art. 1226 c.c. Né assurge a violazione di legge l’individuazione di un criterio piuttosto che di un altro, purché quello prescelto non sia manifestamente implausibile: e tanto neppure sotto il profilo della contestazione della premessa del comune uso del criterio, tale peculiarità non rappresentandone, di per sé sola considerata, un requisito indefettibile“.

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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