I ricorrenti impugnano la sentenza di merito perché avrebbe erroneamente liquidato il danno da perdita del congiunto spettante ai fratelli e alla nonna del de cuius non applicando un “… criterio a punti, che avrebbe garantito maggior uniformità di trattamento rispetto a casi analoghi...”. La sentenza sarebbe inoltre carente di motivazione su tale specifico aspetto, osservando i ricorrenti che “… applicando, quale criterio risarcitorio, le Tabelle di Milano, senza alcuna effettiva personalizzazione, è giunta a riconoscere ai fratelli e alla nonna un risarcimento manifestamente inferiore rispetto a quanto sarebbe stato loro corrisposto laddove fosse stato applicato il criterio a punti“. La Corte di Cassazione (sentenza del 5 ottobre 2025 n. 26749) ritiene il motivo inammissibile, in quanto: “i ricorrenti non hanno documentato di avere sottoposto la questione specifica, relativa alla possibile quantificazione del danno mediante l’uso delle tabelle romane in appello. In tema di risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, quando, all’esito del giudizio di primo grado, l’ammontare del danno sia stato liquidato utilizzando tabelle “a forbice”, il danneggiato è legittimato a proporre impugnazione per ottenere la liquidazione di un maggiore importo risarcitorio in forza di tabelle “a punti”, adottate nelle more del giudizio di appello, purché deduca, con specifico motivo di gravame, la differenza tra i valori minimi o massimi tra le tabelle e alleghi che l’applicazione dei nuovi valori-punto nel minimo comporterebbe, per ciò stesso, un risultato più favorevole della liquidazione del danno attribuitagli con la sentenza impugnata. Questa Corte, decidendo su fattispecie analoga, ha affermato l’inammissibilità del motivo di censura, avendo la ricorrente del tutto mancato di puntualizzare gli esiti dell’applicazione delle tabelle “a punti” al caso concreto, non adducendo che la sua applicazione avrebbe comportato un maggior ristoro risarcitorio per il pregiudizio patito, né fornendo qualsivoglia indicazione degli specifici parametri da apprezzare ai fini della liquidazione con detta modalità (Cass. Sez. 3, 19/09/2024, n. 25213, Rv. 672225 – 01). Nel ricorso si fa riferimento alle tabelle romane ad ai parametri riferiti all’anno 2019, ma non si documenta o si allega di avere sottoposto la questione al giudice di appello e di avere specificato i differenti valori monetari.
A prescindere da ciò la censura è in concreto infondata perché la Corte, di fatto, utilizza il parametro prossimo a quello massimo delle tabelle di Milano e quindi non si espone all’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la forbice propria delle tabelle milanesi sarebbe troppo ampia, giacché in concreto il criterio utilizzato dalla Corte di appello si avvicina ad una personalizzazione massima. Si legge, infatti, in sentenza che “la tabella milanese sulla liquidazione del danno non patrimoniale – finora considerata il parametro “paranormativo” di riferimento, dati il suo utilizzo diffuso e la sua vocazione nazionale (Cass. N. 12408/2011) – valuta il danno parentale non con la tecnica del punto variabile (utilizzata per il danno biologico) ma limitandosi a individuare alcune forbici di valore per categorie di congiunti. Nell’ambito di tali range il giudice può individuare la misura concreta del risarcimento del danno in funzione di quanto provato da chi affermi di averlo patito e del grado di sofferenza e di sconvolgimento del rapporto nel singolo caso di specie (cfr. Cass. 21.04.2021 n. 10579). Orbene, tanto premesso, con riguardo alla moglie e alla figlia Ra.Ir., tenuto conto di tutto il drammatico contesto della vicenda, del lungo periodo di vita vegetativa di Ra.Al., della giovane età della coppia e della figlia e della disgregazione del nucleo familiare a seguito della scelta necessità di dover trasportare la vittima in una RSA, ritiene la Corte che nel caso concreto ricorrano tutti i presupposti per la personalizzazione del danno per addivenire ad una liquidazione prossima al massimo previsto dalle tabelle milanesi, ossia Euro 320.000 sia per la moglie che per la figlia, da dimidiare in Euro 160.000″




