Il rilievo delle dichiarazioni rese al Pronto Soccorso

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La ricorrente si lamenta, avanti la Corte di Cassazione, che il Tribunale avrebbe dato un’errata lettura del materiale probatorio, in quanto non avrebbe rilevato la discrepanza tra la dinamica del sinistro rappresentato in atto di citazione (caduta mentre scendeva dal veicolo sulla quale era trasportata, per la repentina ripartenza del conducente) e quanto precedentemente dichiarato al Pronto Soccorso e poi durante la visita medico legale (caduta accidentale).

La Corte di Cassazione (sentenza del 13 novembre 2025 n.29977) ritiene infondato il motivo, precisando che: “il Tribunale non ha violato le norme in tema di responsabilità da circolazione di veicoli, né mutuato il più favorevole regime previsto dall’art. 141 cod. ass. (n.d.R.: non applicabile al caso di specie), assumendo sulla base degli elementi probatori acquisiti (prove documentali e le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio dalla convenuta) essere stata fornita dall’appellante la prova in ordine al fatto costitutivo della pretesa: la qualità di trasportato e la caduta del Vi.Pi. mentre scendeva dall’autovettura, la cui conducente era ripartita senza rendersi conto che lo sportello era ancora aperto. (…) Il Tribunale, invece, ha riferito che la narrazione attorea non era contraddetta da quanto dichiarato dal Vi.Pi. in sede di Pronto Soccorso, avendo in quella sede rappresentato di una caduta accidentale dall’autovettura in seguito alla quale aveva urtato il polso destro e la spalla sinistra. Tale descrizione, sebbene non perfettamente coincidente con la dinamica indicata nell’atto di citazione, è stata ritenuta compatibile con quest’ultima e con le dichiarazioni confessorie rese in sede di interrogatorio dalla Fo.Ma., che, a loro volta, erano riscontrate dal contenuto della denuncia di sinistro del 14.3.2017 e dalla ricostruzione resa dalla vittima nel corso della visita medico legale svolta nell’interesse della compagnia.

Quanto detto a proposito della valutazione delle dichiarazioni rese dal Vi.Pi. nelle indicate circostanze, porta in esponente l’inammissibilità della dedotta violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. Invero, nell’ambito di un ricorso per cassazione per dedurre la violazione del paradigma degli artt. 115 cod. proc. civ. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma (v. Cass., Sez. Un., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto; Cass., VI-3, 23 ottobre 2018, n. 26769; sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313). Ciò significa che per realizzare la violazione deve aver giudicato, o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso articolo 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dallo schema dell’articolo 116 c.p.c., rubricato per l’appunto “valutazione delle prove” (v. Cass. 10 giugno 2016, n. 11892).

Inoltre, deve essere ricordato che una questione di violazione o di falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (v. Cass. 11892/2016, cit.; 8 ottobre 2019, n. 25027; 31 agosto 2020, n. 18092; 22 settembre 2020, n. 19798; Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867). Analogamente, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., che dà rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio, né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (v. Cass. 11892/2016 cit.).

Ipotesi non ricorrente nel caso di specie, poiché la ricorrente, pur invocando a conclusione del motivo il n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., al fine di suscitare un controllo della motivazione, non lo specifica in alcun modo e nemmeno lo postula sulla base del solo dato testuale (v. Cass., Sez. Un., 8053-8054/2014), “prescindendo dal confronto con le risultanze processuali” (così, tra le molte, Cass., sez. I, 20 giugno 2018, n. 20955, non massimata; in senso conforme, più di recente, Cass., sez. I, 3 marzo 2022, n. 7090), ma di elementi diversi costituiti da altri atti processuali e dal materiale probatorio. Conclusivamente, il motivo lungi dal denunciare un error in iudicando, tende a suscitare una valutazione delle prove e una ricostruzione dei fatti alternative a quelle compiute dal Tribunale. La ricorrente, pertanto, omette di considerare che l’apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, all’accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale graduazione, al pari dell’accertamento dell’esistenza o dell’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (v., Cass. 18 ottobre 2022, n. 30493; 5 giugno 2018, n. 14358; 25 gennaio 2012, n. 1028; 23 febbraio 2006, n. 4009; 10 agosto 2004, n. 15434)

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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