La Corte di Cassazione (sentenza del 14 novembre 2025 n. 30110) ribadisce che: “il giudice civile, in relazione al fatto di reato contestato e giudicato in sede penale, deve procedere, ai fini dell’azione risarcitoria proposta davanti ad esso, all’autonoma sebbene incidentale qualificazione dello stesso, necessaria alla ricostruzione del (maggior) termine prescrizionale di cui all’art. 2947, cod. civ., prescindendo quindi dall’esito della pronuncia del suddetto giudice penale che, in ipotesi, come nel caso, abbia ritenuto di affermare, ai suoi fini, un giudizio di equivalenza tra aggravante e attenuanti (cfr., utilmente, Cass., 18/06/2015, n. 12621, in fattispecie senza costituzione di parte civile, ma già Cass., 07/06/2006, n. 13272, Cass., 04/12/1997, n. 12324, sino a Cass., 24/06/1981, n. 4118), e ciò in ragione della distinta indipendenza dei due giudizi (su cui v. anche, più in generale e più di recente, Cass., 18/10/2022, n. 30496); ciò posto, la Corte distrettuale ha fatto leva sul fatto di reato contestato, in concreto accertando la sussistenza del delitto di lesioni gravi dolose (pagg. 10-11 del provvedimento impugnato); la suddetta fattispecie delittuosa, al momento della sua realizzazione commissiva, era assoggettata al termine di prescrizione penale di 10 anni, a mente dell’art. 157, primo comma, n. 3), cod. pen., nella versione anteriore alle modifiche apportate dalla legge n. 251 del 2005, entrata in vigore ancor prima della sentenza penale di prime cure, pubblicata nel 2007;
secondo la giurisprudenza di questa Corte, qualora, ai fini dell’art. 2947, terzo comma, cod. civ., occorra fare riferimento al termine di prescrizione stabilito per il reato e questo sia stato modificato dal legislatore rispetto al termine previsto al momento della consumazione dell’illecito, si deve applicare il termine di prescrizione del momento di consumazione del reato in forza del principio d’irretroattività della norma e non rilevando, agli effetti civilistici, il principio della norma più favorevole (Cass., 06/12/2024, n. 31378, che si conforma all’orientamento risalente fino a Cass., 27/07/2012, n. 13407, par. 3.2., pag. 5);
a mente di tale orientamento, il richiamato principio “coniuga il rinvio recettizio alla norma penale con l’autonomia del giudizio civile, che comporta l’operatività del principio dell’irretroattività della norma (ex art. 11 prel.) e la cristallizzazione del termine prescrizionale al momento di consumazione dell’illecito e la sua insensibilità a eventuali modifiche in senso favorevole (ex art. 2 cod. pen.) che attengono ai soli effetti penali; il tutto a prescindere dalla circostanza che il giudizio penale sia stato o meno celebrato” (pag. 3);
si osserva che non rileva, ai fini dello scrutinio della fattispecie in questa sede sub iudice, l’ordinanza interlocutoria per la (eventuale) rimessione alle Sezioni Unite pronunciata da questa Corte il 17/09/2025, n. 25463, perché, ove del caso, chiarisca “se l’esercizio dell’azione civile risarcitoria nel processo penale che produce l’effetto sospensivo/interruttivo permanente proprio della proposizione di ogni domanda giudiziale sia sottoposto non solo alle cause civilistiche di sospensione e di interruzione del termine di prescrizione, ma anche alle cause di interruzione e di sospensione di cui agli artt. 159 e 160 cod. pen. che si siano verificate prima della costituzione di parte civile” (pagg. 29-30); infatti, quand’anche si rivaluti l’insensibilità del regime prescrizionale penale rilevante per il giudice civile a ogni successiva vicenda sia legislativa che giurisdizionale, la prescrizione per il reato in parola potrebbe diminuire a non meno di sette anni, tenuto conto della legge n. 251 del 2005 invocata nella censura (a mente di Cass., Sez. U. penali, 24.11.2011 (dep. 24.4.2012), n. 15933, nella scia di Corte cost., n. 393 del 2006);
le conclusioni, inoltre, sono le medesime sia qualificando il reato come fattispecie autonoma sia qualificando la fattispecie come circostanza aggravante ad effetto speciale (art. 157, secondo comma, cod. pen., sia nella versione previgente, che in quella attuale); la prescrizione, infatti, non era comunque decorsa, pur dovendosi considerare che la revoca della costituzione parte civile, pacificamente avvenuta il 16 ottobre 2013 (e documentata sub 3 in allegato al ricorso da parte ricorrente), ha privato di effetti interruttivi permanenti l’atto di costituzione stessa, mantenendo però l’effetto interruttivo istantaneo (Cass., 20/06/2024, n. 17113, che, a pag. 12, richiama i principî di Cass., 10/05/2000, n. 5961)“




