La Corte di Cassazione, con la sentenza del 23 novembre 2025 n.30775, conferma il ragionamento espresso dalla Corte di merito in ordine alla qualificazione, come danno emergente, della perdita delle utilità economiche che il padre defunto avrebbe continuato a fornire al figlio, essendosi già prodotto interamente nella sua sfera giuridica con il compimento dell’età di 26 anni.
Ed invero il Collegio rileva che: “la sentenza ricostruisce le operazioni necessarie per la quantificazione del danno indicando che per la liquidazione è necessario procedere dunque distinguendo: a) il danno emergente già prodottosi, da determinarsi sommando i redditi perduti dalla data della morte della vittima fino alla liquidazione del danno e rivalutandoli; b) quello futuro da lucro cessante da capitalizzare. In applicazione di siffatti principi riguardo alla posizione del figlio della vittima, il pregiudizio ha natura soltanto di danno emergente in quanto si è già prodotto interamente nella sua sfera giuridica (compimento dell’età di 26 anni). Ed allora non si contesta la modalità del calcolo e la qualificazione del danno, ma soltanto l’individuazione dell’età ritenuta dalla Corte di probabile raggiungimento dell’indipendenza economica da parte del figlio. Tale accertamento, tuttavia, è frutto della valutazione del giudice di merito e come tale non è sindacabile in sede di legittimità.
Infatti la perdita o la diminuzione dei contributi patrimoniali o delle utilita’ economiche che – sia in relazione a precetti normativi (art. 315, 433, 230-bis cod. civ.) che per la pratica di vita improntata a regole etico-sociali di solidarieta’ familiare e di costume – presumibilmente e secondo un criterio di normalità il soggetto venuto meno prematuramente avrebbe apportato, devono essere determinati alla stregua di una valutazione equitativa che faccia ricorso anche alle presunzioni ed ai dati ricavabili dal notorio e dalla comune esperienza con riguardo a tutte le circostanze del caso concreto (Cass. n. 2869/2003, Cass.n.1485/2007,Cass. n. 1959/1995 e Cass. n.1474/96).
E di tali dati di comune esperienza ha dato conto il giudice dell’impugnazione in assenza, in quella sede, di alcuna specifica deduzione di segno contrario (‘tenendo conto che la Suprema Corte indica nei 26 anni dei figli l’età fino alla quale presumere che essi ricevano il sostegno economico dei genitori, poiché corrispondente all’età media in cui gli studenti normalmente conseguono il diploma universitario e si inseriscono nel mondo del lavoro‘ -pag. 22 sentenza impugnata)“




