La Corte di Cassazione, con la sentenza del 1 dicembre 2025 n. 31357, conferma la correttezza della decisione della Corte di Appello che, aveva rigettato la censura censura mossa alla precedente decisione impugnata in ordine alla sussistenza della responsabilità per la diagnosi errata consistente nell’avere utilizzato un atto istruttorio formatosi senza contraddittorio. Ed invero il Collegio rileva che la Corte d’Appello ha correttamente applicato il principio di diritto per cui: “la relazione finale di un accertamento tecnico preventivo, una volta acquisita agli atti, è comunque liberamente valutabile dal giudice, ed ha rilevato che, nella specie, il Tribunale aveva operato esattamente in tal senso (nell’accertare la sussistenza di un nesso di causa tra la condotta del sanitario convenuto e l’evento dannoso denunciato dagli attori), onde le risultanze della predetta relazione, una volta fatte proprie dal giudice di primo grado, non potevano essere contestate, in appello, semplicemente ed esclusivamente sulla base del dato formale dell’inopponibilità dell’accertamento tecnico preventivo per un vizio di notifica nell’instaurazione del procedimento cautelare, ma richiedevano specifiche censure di carattere sostanziale, idonee a porre concretamente in discussione l’accertamento svolto dal Tribunale.
Il principio di diritto è affermato da questa Suprema Corte per cui “la relazione conclusiva di un accertamento tecnico preventivo, se ritualmente acquisita al giudizio di cognizione, entra a far parte del materiale probatorio regolarmente prodotto e sottoposto al contraddittorio anche se una delle parti del giudizio di merito non ha partecipato al procedimento di istruzione preventiva e, perciò, è liberamente apprezzabile e utilizzabile, quale elemento di prova idoneo a fondare il convincimento del giudice nel raffronto con le altre risultanze istruttorie acquisite, nei confronti di tutte le parti del processo” (da ultimo Cass., Sez. 3, Sentenza n. 8496 del 24/3/2023)“.




