La prova del vincolo affettivo tra i coniugi e lo stato di separazione

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La ricorrente assume che la Corte d’Appello non avrebbe correttamente ricostruito ed applicato i principi di diritto in materia di allegazione e prova del vincolo affettivo tra coniugi che giustifica il risarcimento della lesione del relativo rapporto in caso di morte di uno di essi, non avendo tenuto adeguatamente conto della effettiva situazione di fatto, pacificamente caratterizzata, nonostante la recente separazione (peraltro solo di fatto), da un legame matrimoniale durato oltre quaranta anni, nonché dalla presenza di tre figli, ed essendo giunta a rigettare integralmente la domanda per difetto di allegazione e prova di tale legame (e del conseguente danno) nonostante che lo stesso ente chiamato a risarcire si fosse limitato, sotto tale profilo, a censurare la pronuncia di primo grado per il quantum della somma risarcitoria, senza sostanzialmente negare in radice la sussistenza del legame affettivo tra i coniugi e del conseguente danno, bensì semplicemente adducendo che il legame si sarebbe attenuato dalla separazione di fatto, con conseguente necessità di un sensibile ridimensionamento dell’importo riconosciuto a titolo risarcitorio al coniuge attore.

La Corte di Cassazione, con la sentenza del 1 dicembre 2025 n. 31373 (relatore: dott. Augusto Tatangelo), nell’accogliere la censura, ritiene opportuno, preliminarmente, richiamare i principi di diritto applicabili in materia di allegazione e prova del vincolo affettivo tra coniugi che porta al risarcimento della perdita del relativo rapporto, in caso di morte di uno di essi causata da un terzo. Il Collegio afferma a tale effetto che: “secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, l’allegazione del solo rapporto di coniugio è, di regola, sufficiente, sulla base dell’id quod plerumque accidit, per fondare il diritto al risarcimento del coniuge, in caso di morte dell’altro coniuge derivante da fatto illecito altrui e, quantomeno, per suscitare l’onere del danneggiante di allegare e provare che, nonostante la natura del rapporto – di coniugio, appunto -, il legame affettivo tra i coniugi fosse di fatto insussistente o di minore intensità rispetto a quello ordinariamente presumibile. Si afferma, infatti, in linea generale, che “l’uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli od ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del “quantum debeatur”); nei casi suddetti è pertanto onere del convenuto provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo” (Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3767 del 15/02/2018; Sez. 3, Sentenza n. 9010 del 21/03/2022; Sez. 3, Sentenza n. 22397 del 15/07/2022).

Ed è, invero, altrettanto consolidato l’indirizzo secondo il quale “il risarcimento del danno non patrimoniale può essere accordato al coniuge anche legalmente separato, attesa – oltre alla pregressa esistenza di un rapporto di coniugio nei suoi aspetti spirituali e materiali e alla eventuale sussistenza di figli – la non definitività di tale “status” e la possibile ripresa della comunione familiare” (cfr., ad es., Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25415 del 12/11/2013; Sez. 3, Sentenza n. 28222 del 04/11/2019; nel medesimo senso, sotto vari profili: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10393 del 17/07/2002; Sez. 3, Sentenza n. 1025 del 17/01/2013; Sez. 3, Sentenza n. 9010 del 21/03/2022; Sez. 3, Sentenza n. 22397 del 15/07/2022; Sez. 3, Sentenza n. 21988 del 30/07/2025).

In altri termini, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, cui va data piena continuità:

a) il coniuge danneggiato dall’uccisione dell’altro coniuge può, di regola, semplicemente allegare e provare il rapporto di coniugio, senza dover fornire ulteriori più specifiche allegazioni e prove, in quanto tale rapporto fa presumere un legame affettivo (quanto meno un legame di “ordinaria” intensità);

b) in tal caso, sarà il danneggiante a dover eventualmente allegare e dimostrare che il legame affettivo non sussisteva affatto o era di intensità attenuata (onde, rispettivamente, ottenere l’esclusione o la riduzione del risarcimento);

c) al fine di fornire detta prova, il danneggiante potrà tra l’altro, ovviamente, addurre e dimostrare che vi era separazione legale, o anche di mero fatto, tra i coniugi;

d) la sola prova della separazione, legale o di fatto, non è, però, di per sé sufficiente per escludere del tutto il risarcimento, in quanto esso spetta comunque al coniuge, almeno di regola, anche in caso di separazione legale, considerata – oltre alla pregressa esistenza di un rapporto di coniugio nei suoi aspetti spirituali e materiali e alla eventuale esistenza di figli – la non definitività di tale status e la possibile ripresa della comunione familiare.

Ne consegue, ulteriormente, sul piano logico, che:

a) il danneggiante, per escludere in toto il suo obbligo risarcitorio, deve dimostrare che la separazione (legale o di fatto, eventualmente insieme ad altre circostanze di fatto) ha, nel caso di specie, sciolto del tutto il legame affettivo tra i coniugi;

b) in mancanza di quest’ultima prova positiva, poiché la separazione (specie se di mero fatto) può avere le più varie motivazioni e modalità di incidenza sul rapporto tra i coniugi e non determina necessariamente e in ogni caso la dissoluzione del legame affettivo tra loro, in caso di separazione il giudice dovrà sempre valutare, sulla base di tutti gli elementi istruttori disponibili, come essa (che sia legale o che sia di mero fatto) abbia concretamente inciso sull’intensità di detto legame, al fine di plasmare specificamente il quantum risarcitorio, peraltro senza escluderlo del tutto solo perché i coniugi erano in uno stato di separazione di fatto o legale;

c) l’esclusione in toto di risarcimento è attuabile soltanto qualora vi siano elementi – anche solo presuntivi – sufficienti per ritenere che la separazione, per le ragioni e le modalità in cui essa si è concretizzata, abbia soppresso ogni vincolo affettivo tra i coniugi.

È, quindi, nel contesto della valutazione della prova dell’insussistenza dell’ordinario legame affettivo tra coniugi (prova, di regola, incombente sul danneggiante) che assume rilievo l’eventuale deduzione e dimostrazione della circostanza che i coniugi stessi erano separati, legalmente o di fatto: ciò fermo restando che la mera separazione, soprattutto se solo di fatto, non può ritenersi, di per sé, sufficiente a dimostrare l’insussistenza, in assoluto, di un legame affettivo, ben potendo tale legame permanere ugualmente, specie in caso di matrimonio di lunga durata, di esistenza di figli e di separazione recente e non irreversibile (tutte circostanze pacificamente ricorrenti nella specie e non considerate dalla Corte d’Appello)“.

La Corte di Cassazione ritiene che la sentenza impugnata non pertanto conforme a tali principi di diritto, rilevando che: “la corte territoriale ha ritenuto insufficienti le allegazioni portate dall’attore in ordine al legame affettivo con la moglie deceduta ai fini del suo diritto al risarcimento, e ha pure ritenuto che l’attore non avesse fornito adeguata prova del legame. Ha rilevato, cioè, in primo luogo, un difetto della domanda sul piano assertivo, prima ancora che una lacuna sul piano asseverativo a carico dell’attore. Tuttavia, per quanto sin qui chiarito, l’allegazione del rapporto di coniugio era di per sé sufficiente a sostegno della originaria domanda di risarcimento del danno da perdita del rapporto coniugale, salva la valutazione dell’effettività e dell’intensità del legame affettivo tra i coniugi, questione rilevante, però, solo sotto il profilo asseverativo (in particolare, ai fini del quantum del risarcimento): dunque, il difetto assertivo affermato dalla corte territoriale, in realtà, non ricorreva o, quantomeno, non ricorreva in relazione all’atto introduttivo del giudizio.

Inoltre, sempre per quanto sopra già affermato, l’onere della prova dell’insussistenza, in assoluto, di un concreto persistente legame affettivo tra i coniugi (così come quella di un legame attenuato, a causa della separazione di fatto, o per altre ragioni) spettava al danneggiante e non certo al danneggiato (che non ne avrebbe avuto interesse); e il risarcimento non poteva essere del tutto escluso, in radice, solo perché era stata provata una separazione di fatto tra i coniugi. Sotto tale profilo, si sarebbe dovuto senz’altro considerare la durata del matrimonio, quella della separazione e l’esistenza di figli della coppia: tutte circostanze decisive, certamente emergenti dall’istruttoria, ma non prese in esame in concreto dal giudice di appello, il quale, in ultima analisi, si è limitato a ritenere assorbente il difetto di allegazione, nel quale è stato in pratica fatto rientrare il preteso difetto di prova. In tal modo, però, la corte territoriale ha del tutto omesso di valutare gli elementi di prova comunque emergenti dall’istruttoria. Anche quella relativa al difetto di idonea attività asseverativa, posta a carico dell’attore, risulta, pertanto, affermazione che non può ritenersi pienamente conforme ai principi di diritto applicabili nella materia.

Il Collegio infine rileva che: “effettivamente, lo stesso motivo di appello dell’ente, che è stato accolto nel giudizio di secondo grado, non poteva dirsi nella sua sostanza giuridica e letterale – anche laddove complessivamente valutata – diretto specificamente a sostenere l’inesistenza in assoluto del legame affettivo tra i coniugi e del conseguente danno attoreo per la perdita del relativo rapporto, già riconosciuto nella sentenza di primo grado, apparendo esso, invece, unicamente diretto a contestare il quantum del risarcimento, che si assumeva essere stato liquidato dal giudice di primo grado in misura eccessiva in considerazione delle circostanze di fatto rilevanti ed emergenti dell’istruttoria e, in ispecie, dell’incidenza della separazione di fatto sull’intensità del legame in questione. La Corte d’Appello, allora, in tale complessiva situazione, avrebbe ben potuto, rectius dovuto, procedere alla piena rivalutazione delle circostanze di fatto emerse dall’istruttoria, al fine di determinare la liquidazione equitativa del danno in modo più corretto, non potendo invece denegare il risarcimento in toto, non sussistendo un assoluto difetto di allegazione e prova del danno stesso da parte dell’attore. Alla effettiva concreta valutazione delle circostanze di fatto emergenti dall’istruttoria in proposito, il giudice di merito dovrà, pertanto, dedicarsi in sede di rinvio alla luce dei principi dettati da questa Suprema Corte ai fini della liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 26300 del 29/09/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 37009 del 16/12/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 5948 del 28/02/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 25213 del 19/09/2024) e qui specificamente precisati”

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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