L’indennizzo aggiuntivo per i danni post vaccinali

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La Corte di Cassazione, con la sentenza del 11 dicembre 2025 n. 32290, ritorna sul tema dei danni conseguenti a vaccinazione obbligatoria, ed in particolare sull’ulteriore indennizzo aggiuntivo rispetto a quello già riconosciuto dalla legge n. 210 del 1992, nonché sull’assegno una tantum per il periodo compreso nel periodo tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo, secondo gli artt. 1 e 4 della legge n. 229 del 2005.

Se precedentemente si era affermato (sentenza del 9 agosto 2016 n. 16842) che le medesime corresponsioni operano retroattivamente (attesa, quanto all’assegno, la chiara ratio della disposizione e, quanto all’ulteriore indennizzo, il suo carattere incrementale rispetto a quello di cui il soggetto è già titolare, concorrendo con questo con la medesima decorrenza) successivamente (cfr. sentenza del 21 ottobre 2024 n. 27141) si è precisato che l’indennizzo aggiuntivo, disciplinato dall’art. 1 della legge n. 229 del 2005, dev’essere riconosciuto a decorrere dall’entrata in vigore della medesima legge ai soggetti che, a tale data, risultano già titolari dell’indennizzo base, secondo le previsioni dell’art. 1, comma 4, primo periodo, del D.M. Salute del 6 ottobre 2006, intervenuto ad attuare le previsioni della fonte primaria, come si desume, oltre che dai lavori preparatori, dal dato letterale inequivoco del citato art. 1, comma 4, che preclude ogni altra opzione interpretativa.

Il Collegio, nel sostenere tale ultima soluzione, considera infatti come: “l’art. 1, comma 1, della legge n. 229 del 2005 disponga che “Ai soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, è riconosciuto, in relazione alla categoria già loro assegnata dalla competente commissione medico-ospedaliera, di cui all’articolo 165 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, un ulteriore indennizzo. Tale ulteriore indennizzo consiste in un assegno mensile vitalizio, di importo pari a sei volte la somma percepita dal danneggiato ai sensi dell’articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, per le categorie dalla prima alla quarta della tabella A annessa al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni, a cinque volte per le categorie quinta e sesta, e a quattro volte per le categorie settima e ottava. Esso è corrisposto per la metà al soggetto danneggiato e per l’altra metà ai congiunti che prestano o abbiano prestato al danneggiato assistenza in maniera prevalente e continuativa. Se il danneggiato è minore di età o incapace di intendere e di volere l’indennizzo è corrisposto per intero ai congiunti conviventi di cui al precedente periodo. Rimane fermo il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale derivante da fatto illecito”; l’art. 2, comma 1, della legge n. 229 del 2005 demanda a un decreto del Ministero della salute il compito di istituire, “senza nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato, una commissione per la definizione degli importi da erogare di cui agli articoli 1 e 4”; il legislatore ha dunque enucleato i tratti basilari della nuova provvidenza e ha prefigurato una successiva definizione delle concrete modalità operative; il 6 ottobre 2006, è intervenuto il decreto del Ministero della salute, recante “Ricognizione delle modalità procedurali relative all’indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie previsto dalla legge 29 ottobre 2005, n. 229”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 10 novembre 2006, n. 262. L’art. 1, comma 4, del decreto ministeriale riconosce l’indennizzo aggiuntivo a decorrere “dalla data di entrata in vigore della legge 29 ottobre 2005, n. 229 per i soggetti che risultano, alla data di entrata in vigore della medesima legge, già titolari dell’indennizzo base”. Quanto ai soggetti “che acquisiscono la titolarità dell’indennizzo base in data successiva”, il decreto ministeriale puntualizza che “il riconoscimento dell’indennizzo aggiuntivo spetta dalla data di decorrenza dell’indennizzo base”. Tale previsione attua e integra le disposizioni racchiuse nella fonte primaria e assolve al compito di “definire le modalità procedurali di applicazione della legge 29 ottobre 2005, n. 229” (preambolo del decreto ministeriale), in armonia con le linee tracciate dall’art. 2 della stessa legge n. 229 del 2005, che, a tal proposito, affida compiti rilevanti a un’apposita commissione, poi istituita con decreto del Ministero della salute del 19 gennaio 2006. Inequivocabile è il dettato testuale del decreto, nell’ancorare la decorrenza dell’indennizzo aggiuntivo alla data di entrata in vigore della legge n. 229 del 2005, per chi, a quella data, risulti già titolare dell’indennizzo base. Solo per chi acquisisca il diritto all’indennizzo base in epoca posteriore, la decorrenza dell’indennizzo aggiuntivo collima con la decorrenza dell’indennizzo base“.

Ed invero -aggiunge sempre il Collegio- “nell’interpretazione del testo normativo, il tenore letterale non può essere trascurato, non solo per l’univocità delle espressioni adoperate (che non generano ambiguità semantiche di sorta), ma anche perché, nell’orientare l’interprete, un rilievo decisivo dev’essere attribuito anche all’iter che ha condotto all’emanazione del decreto, punto d’approdo del lavoro avviato dalla commissione ad hoc istituita in virtù del citato art. 2, comma 1, della legge n. 229 del 2005; nel definire le modalità procedurali di attuazione della legge, il decreto ha ponderato le risultanze dei lavori della commissione, come si può evincere dallo stesso preambolo dell’atto normativo. La specificazione del dies a quo della provvidenza promana, dunque, da una scelta consapevole e da un percorso condiviso. Le previsioni del decreto, d’altro canto, nel definire il precetto normativo, non si pongono in contrasto con la lettera dell’art. 1 della legge n. 229 del 2005, che non contempla ex professo l’efficacia retroattiva della nuova disciplina e, anche al fine di approntare l’indispensabile copertura finanziaria (art. 81 Cost.), non apporta alcuna deroga univoca alla generale operatività delle leggi soltanto per l’avvenire (art. 11 delle preleggi);

a tale riguardo, le peculiarità valorizzate nella sentenza n. 16842 del 2016 (punti 12 e 13 dei Motivi della decisione) non si rivelano dirimenti. Non si possono trarre elementi chiarificatori dalla diversa disciplina dell’assegno una tantum, dettata dall’art. 4 della medesima legge n. 229 del 2005. Corrisposto “per la metà al soggetto danneggiato e per l’altra metà ai congiunti che prestano o abbiano prestato al danneggiato assistenza in maniera prevalente e continuativa”, tale assegno è parametrato nell’ammontare “sino alla misura massima di dieci annualità dell’indennizzo di cui al medesimo comma 1 dell’articolo 1, per il periodo compreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo medesimo”. In un regime, che si proietta anche nel periodo antecedente all’entrata in vigore della nuova disciplina, è significativo che l’art. 4, comma 2, della legge n. 229 del 2005 si premuri di regolare la definizione delle annualità pregresse dell’assegno, in base a tabelle di conversione. La circostanza che tale provvidenza copra expressis verbis il periodo “compreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo” non corrobora la generale decorrenza della distinta prestazione dell’indennizzo aggiuntivo dal riconoscimento dell’indennizzo originario;

il raffronto con la disciplina dell’assegno una tantum può suffragare, per converso, l’argumentum a contrario: là dove il legislatore ha inteso retrodatare la decorrenza di una prestazione o ha scelto di apprestare tutela per un periodo pregresso, l’ha stabilito a chiare lettere. In questa prospettiva, non è senza significato che, per l’indennizzo aggiuntivo, l’art. 1, comma 4, della legge n. 229 del 2005 sancisca una rivalutazione annuale dell’importo determinato dalla legge, senza occuparsi del periodo pregresso, in termini compatibili con una provvidenza che decorre dall’entrata in vigore della nuova normativa;

quanto al fatto che l’indennizzo sia corrisposto ai soggetti danneggiati di cui all’art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992, e si affianchi all’indennizzo base, non implica in maniera indefettibile che la decorrenza debba essere la medesima di tale indennizzo, quando il dato positivo contenga indicazioni divergenti. Tale identità di decorrenza, difatti, non rappresenta un tratto immanente al sistema, come traspare dalle citate previsioni del decreto, che, nel dare compimento al disegno del legislatore e nel chiarirne gli aspetti di dettaglio, limitano tale identità di decorrenza alla sola ipotesi di chi acquisisca la titolarità dell’indennizzo base dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina. Né tale decorrenza coincidente si può desumere dal fatto che la disciplina dell’indennizzo aggiuntivo richiami quella dell’indennizzo base, in quanto tale richiamo è circoscritto al quantum e non investe il diverso profilo della decorrenza;

né a diverse conclusioni induce un eventuale dubbio sulla legittimità costituzionale della disciplina in esame, non ravvisandosi elementi probanti dell’irragionevolezza palese di una normativa che, all’esito di un bilanciamento non arbitrario, riconosce tanto l’indennizzo aggiuntivo, con la decorrenza legata all’entrata in vigore della legge, quanto l’assegno una tantum, allo scopo precipuo di offrire adeguato ristoro per il periodo che intercorre tra il verificarsi del pregiudizio e il conseguimento dell’indennizzo. Di un assetto così congegnato, che dev’essere ricostruito nella sua interezza e in tutte le forme di tutela, tanto indennitaria quanto risarcitoria, che accorda, non è emerge alcuna inadeguatezza complessiva, con il conseguente vulnus ai diritti presidiati dall’art. 32 Cost.;

neppure è dato scorgere, nella specie, quell’ingiustificata disparità di trattamento che, proprio in tema di decorrenza dell’indennizzo di cui all’art. 1 della legge n. 229 del 2005, successivamente riconosciuto alle persone affette da sindrome da talidomide, ha indotto il giudice delle leggi ad accogliere le censure proposte in riferimento all’art. 3 Cost. La disciplina scrutinata in quel frangente, al cospetto di due situazioni contraddistinte dai medesimi presupposti di tutela e in tutto e per tutto comparabili, riservava ai nati nel 1958 e nel 1966 un trattamento deteriore rispetto ai nati dal 1959 al 1965, in difetto di ogni ragione apprezzabile (sentenza n. 55 del 2019);

nel caso di specie, la decorrenza è sancita in termini uniformi e s’inquadra in un sistema più articolato ed organico di provvidenze, destinate a offrire ristoro anche per il periodo che prelude all’entrata in vigore della legge. Il fluire del tempo, inoltre, ben può assurgere a elemento distintivo tra le diverse situazioni poste a raffronto e, in un contesto contrassegnato da appropriati correttivi volti a conferire il necessario rilievo anche alle situazioni pregresse, non si può predicare alcun vincolo costituzionale circa la necessità di estendere anche al passato, in termini indiscriminati, una più favorevole disciplina sopravvenuta;

nella vicenda sottoposta al vaglio odierno di questa Corte, i limiti posti dall’art. 3 Cost. non sono stati, dunque, travalicati e le valutazioni discrezionali del legislatore riguardo alla modulazione temporale di una disciplina innovativa non prestano il fianco a censure d’incompatibilità con i precetti costituzionali, tali da attingere il grado della non manifesta infondatezza (art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87);

né sarebbe ammissibile invocare, a supporto di una diversa interpretazione, l’esigenza di preservare la continuità della giurisprudenza. Tale esigenza, infatti, se è indissolubilmente connessa alla salvaguardia del principio di eguaglianza e della certezza del diritto, non può tuttavia condurre a ostacolare lo svolgimento della funzione istituzionale di nomofilachia attribuita alla corte di legittimità, consentendole così di svolgere in modo efficace il compito di assicurare “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale” (art. 65 del regio-decreto 30 gennaio 1941, n. 12)

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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