La corretta interpretazione del termine previsto dall’art. 8 della Legge Gelli

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La struttura sanitaria formulava ricorso avanti la Corte di Cassazione lamentando che la Corte di Appello non dichiarando l’improcedibilità della domanda proposta con il rito sommario di cognizione ex art. 702-bis c.p.c., avrebbe erroneamente ritenuto che il termine di novanta giorni, previsto dall’art. l’art. 8, comma 3, della legge n. 24/2017, non incidesse sulla procedibilità, ma solo sulla salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda introdotta con il ricorso per accertamento tecnico preventivo.

Il citato art. 8 testualmente dispone: “1. Chi intende esercitare un’azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente. 2. La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento. (…) L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a sé dell’istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di completamento del procedimento. 3. Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso, precisa nella sentenza del 9 dicembre 2025 n. 31999, che: “il dato testuale sopra riportato non consente in alcun modo di ritenere che il rispetto del termine fissato dal comma 3 per la introduzione del giudizio di merito nelle forme del procedimento sommario (ora semplificato) sulla scorta dell’acquista consulenza ex art. 696-bis sia richiesto “sia per rendere procedibile la domanda sia per assicurarne gli effetti”, e che in tal modo il legislatore abbia imposto una “doppia condizione di procedibilità” ossia prima l’attivazione del procedimento di ATP e, una volta concluso lo stesso, il rispetto del termine per proporre il giudizio di merito; l’improcedibilità del ricorso è espressamente prevista solo nel comma 2 quale conseguenza della mancata presentazione del ricorso ex art. 696-bis c.p.c., laddove il comma 3 si limita a prevedere, in positivo, che l’introduzione del giudizio di merito entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio prima fissato per la conclusione del procedimento di consulenza tecnica preventiva, comporta la “salvezza” degli “effetti della domanda”, senza prevedere, in negativo, alcuna sanzione processuale, tanto meno quella della improcedibilità del ricorso; una diversa interpretazione, oltre a essere incoerente rispetto alla chiara lettera del dettato normativo (che, peraltro, ancora la decorrenza dei 90 giorni alternativamente al momento della scadenza del termine dei sei mesi ovvero a quello del deposito della consulenza), risolvendosi in un’interpretatio abrogans dell’inciso inserito al comma 3 dell’art. 8, sarebbe altresì in contrasto con le garanzie difensive della parte, posto che essa dovrebbe patire le conseguenze di un’improcedibilità della domanda, che non le sarebbe imputabile; infine, tale lettura proporrebbe un onere di richiedere la sospensione del procedimento in capo alla parte interessata, che si risolverebbe in un irragionevole appesantimento procedimentale, in contrasto, peraltro, con i principi di ragionevole durata del processo e di economia processuale.

La perentorietà del suddetto termine di 90 giorni deve, dunque, essere intesa nel senso che il rispetto del termine sia funzionale esclusivamente a preservare gli effetti sostanziali e processuali della domanda introdotta con il ricorso ex art. 696-bis e non per rendere procedibile la domanda di merito; se depositato oltre la scadenza del termine di 90 giorni, il ricorso è, dunque, procedibile ma può produrre solo ex novo i suoi effetti sostanziali e processuali; la parte che vuole beneficiare della salvezza degli effetti della sua domanda, ha l’onere -a prescindere dallo stato in cui si trova la consulenza- di promuovere il giudizio di merito nelle forme del rito sommario, entro il termine di 90 giorni che decorre dalla scadenza del termine semestrale, anche nel caso in cui questa sia interessata a proseguire il procedimento ex art. 696-bis per conoscere l’esito della relazione e partecipare al tentativo di conciliazione; quanto sopra è in linea con l’orientamento che si è affermato nella giurisprudenza di questa Corte circa “la netta distinzione, strutturale e funzionale, dei due procedimenti” che non consente di considerarli “quali momenti di un unico procedimento bi-fasico, dal momento che, al contrario, sia l’uno che l’altro possono aver luogo senza l’altro o prescindendo da esso” (così, in motivazione, Cass. n. 15594 del 11/06/2025, che a tale affermazione giunge attraverso la considerazione di vari indici normativi e anche sulla scorta del rilievo che “la mancata introduzione del giudizio di merito entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio per il completamento della procedura non costituirà ostacolo alla introduzione del giudizio medesimo, ma avrà come solo effetto la perdita degli effetti sostanziali e processuali della domanda introdotta con il ricorso ex art. 696-bis c.p.c.”; ma v. anche, in precedenza, Cass. n. 11804 del 5/05/2025 che, nel dirimere profili problematici che il tema presenta quanto al momento determinativo della competenza, ha per quanto qui interessa affermato, ex art. 363 c.p.c., il principio secondo cui “il giudizio regolato dall’art. 8 della legge n. 24/2017 non ha natura di giudizio bifasico strutturalmente unitario ma è composto da due procedimenti distinti (il primo a cognizione sommaria, il secondo a cognizione piena) funzionalmente collegati dalla finalità di anticipazione istruttoria propria dell’istanza di consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis cod. proc. civ.)“;

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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