Con una recente sentenza, emessa dal Tribunale di Bergamo in ordine ad una posizione da noi patrocinata, il Giudice ha rilevato che, a fondamento del risarcimento della componente morale del danno non patrimoniale, l’attore ha evidenziando “lo spavento e il terrore” provati al momento dell’impatto con l’auto della convenuta contumace. Quanto all’an, deve osservarsi che il danno morale subiettivo, consistente nel “transeunte turbamento psicologico del soggetto offeso” (v. Corte cost. sentenza n. 184/1986), è un danno-conseguenza che attiene al foro interno e immateriale del danneggiato e come tale si presta alla prova per presunzioni e al ricorso al fatto notorio. Ebbene, deve ritenersi fatto notorio – valorizzabile ai sensi dell’art. 115, comma 2, c.p.c. – che normalmente una persona travolta da un’auto e sbalzata a terra provi dolore e paura. In altri termini, vista la dinamica del sinistro, non è necessaria una prova specifica del danno morale subito dalla persona danneggiata “in quanto in questo caso è talmente verosimile che essa abbia subito danno morale che lo si può ritenere provato sulla base di una presunzione che, risultando particolarmente qualificata, è da sola sufficiente allo scopo” (così la Corte di Cassazione). La liquidazione del relativo risarcimento non può che avvenire in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c.., considerando che le conseguenze interiori dell’evento lesivo “non sono mai catalogabili secondo universali automatismi, poiché non esiste una tabella universale della sofferenza umana” (Corte di Cassazione). Peraltro, deve precisarsi che il danno morale in esame è del tutto indipendente dal danno biologico già riconosciuto, attenendo non alla fase prolungata di decorso della patologia, ma all’immediatezza del sinistro. Sicché non può ritenersi corrispondente al “danno da sofferenza soggettiva interiore” preso in considerazione dalle succitate Tabelle dell’Osservatorio per la giustizia civile di Milano (aggiornamento 2021) proprio in relazione all’entità del danno biologico. Fatte queste premesse, attesa la natura necessariamente transeunte del danno morale allegato dall’attore in relazione ai “concitati istanti dell’urto” (v. citazione, p. 5), considerata l’età dell’attore al momento del sinistro e la violenza dell’impatto, come emergente dalle dichiarazioni della stessa convenuta contumace, si ritiene equo liquidare il danno morale subito dall’attore.