La Corte di Cassazione rigetta decisamente, considerandola del tutto illogica, una delle classiche eccezioni che l’assicurazione solleva nei confronti della richiesta di rimborso delle spese di assistenza stragiudiziale, ossia l’asserita pochezza e semplicità delle attività effettivamente svolte in tale fase.
La Suprema Corte, in una recentissima sentenza, così smonta la tesi assicurativa: “una siffatta radicale illogicità motivazionale sussiste anche in riferimento al secondo motivo d’appello incidentale, laddove rapidamente si circoscrive l’attività stragiudiziale all’invio di tre raccomandate, di cui una per avviare la negoziazione assistita, come se il legale che assiste in sede stragiudiziale un cliente che legale non è non sia obbligato alla necessaria attività di studio e preparazione per trattare la controversia – e ciò a prescindere dalla omessa considerazione, dell’ottenimento nella fase stragiudiziale di un acconto di Euro 210.000, logicamente presumibile come (anche) frutto per il danneggiato dell’assistenza del suo legale”.