Almeno così denuncia l’IVASS nella sua relazione annuale. E’ il risultato di un’indagine che ha riguardato 30 prodotti infortuni destinati a clienti retail, commercializzati a luglio 2022 da 30 imprese di assicurazione, di cui 3 estere, la cui raccolta premi rappresenta l’83% del totale mercato del ramo. Essa mirava a ricavare, attraverso l’impiego di algoritmi, indicatori quantitativi di leggibilità dei testi fondati su parametri oggettivi, a cui affiancare un’analisi qualitativa. Gli indicatori quantitativi di ciascun prodotto per impresa sono stati confrontati con gli indici di comprensibilità di un testo ritenuto di accesso mediamente semplice (la Costituzione italiana) e rispetto ai competitor.
È emerso che:
– i testi contrattuali hanno un livello di difficoltà che in media esclude la comprensibilità per i cittadini con istruzione elementare e media e disorienta anche i cittadini con istruzione superiore (la media dell’indice Gulpease209, che misura il livello di comprensibilità del testo, è di 44,3 a fronte del 54,9 della Costituzione italiana, con scostamenti non rilevanti tra le imprese);
– l’elemento più critico è quello della sintassi: il numero delle parole per periodo, il numero delle proposizioni per periodo e la percentuale di frasi subordinate sono risultati tutti peggiorativi rispetto alla Costituzione. Si rileva una lunghezza eccessiva dei periodi, composti da oltre 25 parole;
– a livello grammaticale è diffuso l’uso del congiuntivo al posto del più semplice indicativo;
– anche il lessico risulta critico, con il ricorso a un linguaggio burocratico;
– si ricorre a termini tecnici non necessari e a parole di uso non comune, estranee al “Vocabolario
di base.
In conclusione gran parte dei contraenti non comprende il testo del contratto. Io aggiungerei che nemmeno lo legge. Così poi, al momento di reclamare il diritto all’indennizzo, si trova davanti a sgradite sorprese.