Già molto tempo fa il giurista Carnelutti, con il suo solito preciso acume, rilevava che “quanto poco sia onorata in Italia la giustizia, è dimostrato dai vessatori sbarramenti fiscali che ad ogni passo tagliano la via che porta ad essa. Il giudice non può guardare in faccia la verità, se prima non è bollata…“. La situazione non è cambiata oggi. Anzi peggiorata. Si giustificato l’aumento del costo della giustizia per la sua funzione deterrente allo sconsiderato uso dei processi. Ovviamente è un deterrente solo per le stragrande maggioranza delle persone (l’istituto del gratuito patrocinio è solo una foglia di fico stante i criteri assurdamente irrisori) ma non per chi possiede forti capacità economiche.
L’assurdo è che tale situazione viene utilizzato da molti “poteri forti” (banche, assicurazioni) per non adempiere volontariamente i propri obblighi, sapendo che i danneggiati e/o clienti non potranno mai sopportare il peso economico di fare una causa. E lo Stato benedice tale ingiustizia, vedendo solo il numero delle cause che non aumenta. Non preoccupandosi minimamente dell’ingiustizia che si determina. Ma se lo Stato non può (o non vuole) più amministrare la giustizia, lo si può chiamare ancora Stato? Lo si deve considerare ancora tale?