Il Tribunale di Mantova, in una causa promossa dallo scrivente studio, ha condannato il professionista sanitario, convenuto in una causa di responsabilità odontoiatrica, all’integrale pagamento delle spese processuali precisando che “l’accoglimento in misura ridotta della domanda attorea non determina soccombenza reciproca“. La decisione si pone nell’alveo indicato dalla Corte di Cassazione per la quale è del tutto irrilevante che l’esito della causa abbia riconosciuto il danno in maniera ridotta a quello preteso inizialmente dall’attore. La Suprema Corte ha precisato infatti che: “l’accoglimento in misura ridotta (anche sensibile) della domanda non dà luogo a reciproca soccombenza e la parte di domanda non accolta, nell’ammontare, per poter comportare soccombenza ai fini delle spese, deve aver costretto la controparte ad una spesa per oneri processuali maggiore di quella che avrebbe sostenuto se la domanda fosse stata contenuta nel giusto”.
A tale proposito deve rammentarsi che, ai fini della distribuzione dell’onere delle spese del processo tra le parti, risulta essenziale il criterio della soccombenza che è attribuibile a colui che ha dato causa al giudizio. Pertanto, secondo tale generale principio, la parte obbligata a rimborsare all’altra le spese che ha anticipato nel processo, è quella che, col proprio comportamento tenuto fuori del processo, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, ha dato causa al processo od al suo protrarsi.