La Corte di Cassazione continua a confermare il principio, affermato per la prima volta nel 2020, secondo cui i danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell’art. 2052 c.c.. Ed invero il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale. Peraltro le specie selvatiche protette, ai sensi della L. n. 157 del 1992, rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema.
Nell’azione di risarcimento del danno, cagionato da animali selvatici a norma dell’art. 2052 c.c., la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonché delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica. Tali compiti possono essere eventualmente svolte -per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari- da altri enti, in tal caso la Regione (comunque legittimata passiva) può rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti di tali soggetti, ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio delle funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno.